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Mangiare Etico

Il 20 novembre, presso l’Università Bocconi di Milano, l’associazione studentesca «Res Ethica» ha organizzato l’evento “Mangiare Etico”, invitando degli esperti per un dialogo sulla sostenibilità alimentare e i vari tipi di alimentazione sostenibile, tra cui soprattutto veganismo e vegetarianismo, anche in considerazione dell’impatto sulla salute umana e sull’ambiente. Gli ospiti invitati all’evento sono stati l’avvocata Cristina Simeone, specializzata in diritto alimentare e legale di numerose associazioni che promuovono la cultura vegana, la dottoressa Stefania Pescerello, biologa nutrizionista, e il dottor Matteo Innocenti, eco-terapeuta specializzato nella cura di disturbi psicologici quali ecoansia. L’evento è stato moderato dalla professoressa Giulia Gatta dell’Università Bocconi.


La prima domanda posta agli ospiti, naturalmente, concerneva da quanto seguissero il regime alimentare vegano e quali fossero le motivazioni che li hanno spinti ad adottare questa scelta che — come hanno precisato — non riguarda solo l’alimentazione, bensì consiste in uno stile di vita vero e proprio.

Il dottor Matteo Innocenti ha riferito di essere diventato medico “per l’ansia”; infatti, si occupa principalmente del trattamento dell’ecoansia, un particolare tipo di ansia che riguarda il cambiamento climatico. Avendo viaggiato molto, ha potuto constatare personalmente quanto il tipo di alimentazione onnivora impattasse sulle emissioni prodotte quotidianamente. In particolare, ha riportato come la zona della Pianura Padana sia una delle più inquinate d’Europa, anche per la massiccia presenza di allevamenti intensivi, che contribuiscono enormemente al progressivo deterioramento dell’aria nella zona proprio a causa delle emissioni da questi prodotte. Il dottor Innocenti si occupa anche di ricerca e, in proposito, ci ha parlato di alcune statistiche che evidenziano il fatto che l’alimentazione vegana sia, in realtà, il modo migliore per impattare meno sull’ambiente, se si considera l’ambito dell’alimentazione umana.


Cristina Simeone è un’avvocata laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Brescia e ha ottenuto un master in Diritto alimentare all’Università di Bologna, unendo così le sue due grandi passioni: il diritto e l’alimentazione, decidendo quindi di concentrarsi sul benessere della persona in generale. Si occupa di consulenze per le aziende, di tutela dei consumatori ed è un’attivista. L’avvocata Simeone ha riferito che ha scelto di diventare vegana dal momento in cui si è accorta che il vegetarianismo non è sufficiente, visto che la legge consente comunque una serie di pratiche scorrette nei confronti degli animali anche al fine di produrre alimenti apparentemente adatti a una dieta vegetariana.


Stefania Pescerello, infine, è una biologa nutrizionista che ha deciso di diventare vegana quando lavorava come infermiera, precisamente dopo aver visto un video sugli allevamenti intensivi. Questo video l’ha molto turbata, al punto che ha deciso di compiere questa scelta in modo radicale, ossia a partire dal giorno seguente. Si definisce una «nutrizionista filosofica», infatti si impegna a far cambiare idea alle persone riguardo alla dieta onnivora, cercando di convincerle a virare verso altri tipi di alimentazione più sostenibili, tra cui anche la dieta mediterranea, tipica della nostra zona. Secondo lei, è necessario esplorare il significato più profondo e filosofico di ciò che implica scegliere una dieta vegana: ha tenuto a precisare che il veganismo non è solo un regime alimentare, bensì una vera e propria scelta di vita che, come tale, implica il necessario cambiamento di impostazione del proprio pensiero.


A seguito della presentazione degli esperti e dei loro racconti circa il motivo per cui sono stati spinti ad adottare questo regime alimentare, siamo passati ad affrontare questioni più tecniche, tra le quali il modo in cui un regime alimentare sostenibile influenza anche ambiti non strettamente alimentari.


L’Antispecismo e le Microplastiche


Gli esperti hanno riferito che, nel momento in cui si compie la scelta di diventare vegani, si influisce non solo sull’etica personale, ma si ha un impatto anche sull’ambiente in generale e — soprattutto — sulla propria salute, derivante dall’alimentazione stessa. La principale motivazione etica di tale scelta è il non voler far soffrire gli animali; spesso infatti l’animale è considerato come un prodotto di cui si utilizzano tutte le parti per vari scopi utili all’uomo, tra cui la sperimentazione scientifica, cosmetica e per il confezionamento di capi di abbigliamento e accessori. Questa è una visione antropocentrica, che mette l’uomo al centro e gli animali in una posizione di subordinazione; essi vengono infatti utilizzati in modo indiscriminato per il solo piacere dell’uomo. Il principio che viene favorito dall’adozione di una scelta alimentare vegana è quello dell’antispecismo, secondo cui sarebbe sbagliato attribuire un diverso valore alle vite degli animali rispetto a quella dell’uomo.


L’alimentazione vegana apporta inoltre benefici alla salute fisica e contribuirebbe, su larga scala, ad arginare il cambiamento climatico. Uno studio di Stanford ha per l’appunto stimato che l’abbattimento degli allevamenti intensivi avrebbe un comprovato impatto sulla produzione di emissioni, riducendole drasticamente. Quando si parla di cambiamento climatico, tutto ruota in realtà intorno all’alimentazione; infatti, questa diminuzione delle emissioni porterebbe benefici anche agli umani: è stato stimato che ingeriamo circa 5 grammi di microplastiche a settimana, l’equivalente delle dimensioni di una carta di credito, e, eliminando gli allevamenti intensivi, ci sarebbe una diminuzione proprio di tali microplastiche ingerite. Viviamo in un sistema complesso in cui tutto entra, esce e ritorna; perciò, è facile comprendere come quello di cui ci nutriamo è ciò che poi andremo a restituire alla terra e, viceversa, la terra ci restituirà ciò con cui ci alimenteremo di nuovo. Tale aspetto è particolarmente importante anche alla luce del fatto che, negli ultimi tempi, sta emergendo sempre di più il fenomeno della resistenza agli antibiotici, estremamente sottovalutato. Gli animali ingeriscono molti antibiotici che vengono trasferiti anche all’uomo quando li mangia, il che rende i batteri sempre più forti e resistenti agli antibiotici, riducendo se non annullando la loro fondamentale funzione curativa.


L’Ecoansia e il Capitalismo Predatorio


Questo stile di vita non influisce però solamente sulla salute fisica, ma anche sul benessere psicologico: spesso questo tipo di scelta causa tensioni con parenti, amici e conoscenti, poiché non tutti capiscono il motivo di tale scelta, andando a creare, nei casi peggiori, dei veri e propri scontri. Alcune volte si viene addirittura criticati e discriminati, il che causa una maggiore ansia ai soggetti che scelgono di diventare vegani.

Da un punto di vista psicologico-climatico, la cosiddetta ecoansia spinge molte persone a compiere la scelta di adottare un regime alimentare vegano, dal momento che chi ne soffre spesso si sente in colpa per ciò che sta accadendo a causa del cambiamento climatico e tende, nel suo piccolo, a prendere misure pro-ambientali come, appunto, diventare vegani.

La dieta vegana si è infatti dimostrata essere il tipo di alimentazione più sostenibile; infatti, la dieta mediterranea, ad esempio, impatta per il 78% in più sull’ambiente rispetto a quella vegana. Oggi scegliere una dieta sostenibile è davvero di grande importanza anche per poter contribuire a intervenire sul cambiamento climatico. Tuttavia, le aziende alimentari spesso disincentivano questo tipo di scelta a causa del cosiddetto capitalismo predatorio: esse infatti spingono per il mantenimento di un’alimentazione costosa, come quella onnivora, per massimizzare i loro profitti. Un esempio di capitalismo predatorio è ciò che è accaduto con il frumento negli ultimi anni: questo cereale è stato impoverito dei suoi nutrienti naturali per poterne consentire una crescita più massiccia per poter rispondere alle esigenze di un mercato sempre più consumista. Tuttavia, questa scelta ha fatto in modo che diventasse più ricco di glutine rispetto a quello di 50 anni fa, il che ha portato all’aumento vertiginoso di intolleranze alimentari come la celiachia.


Diete Iperproteiche ed Educazione Alimentare


La dieta vegana risulta essere adatta ad ogni fase della vita, infatti tutte le comunità scientifiche sono favorevoli nel considerare la dieta vegana ben bilanciata. Se si osserva la piramide alimentare, possiamo subito notare come la nostra alimentazione si dovrebbe basare principalmente su acqua, cereali, frutta, verdura e legumi. La parte più alta della piramide è quella composta da cibi che si dovrebbero consumare di meno, e tra questi vi è proprio la carne. D’altronde è comune pensare erroneamente che la carne sia essenziale per la nostra sopravvivenza, mentre in realtà le stesse proteine possono essere assunte tramite i legumi e i cereali. Insomma, non è vero che non assumendo carne si hanno delle carenze proteiche. Al contrario, i bambini di oggi assumono troppe proteine, il che li rende iperproteici e causa in loro una predisposizione all’obesità. Perciò, possiamo concludere che fare uno svezzamento vegetale sia preferibile.

A seguito dell’esposizione di questi benefici della dieta vegana in qualsiasi fase della vita ci siamo chiesti se fosse utile introdurre nelle scuole un’educazione emotiva che riguardi l’alimentazione, discutendo anche l’impatto di questa sul cambiamento climatico. Purtroppo vi è una certa resistenza da parte dei presidi in questo senso, poiché queste tematiche sono considerate politicamente sensibili. Tuttavia, questa non sembra un’argomentazione appropriata, visto che sono proprio i giovani ad essere caricati degli effetti sempre peggiori del cambiamento climatico e della responsabilità per il futuro, pur continuando a non avere voce in capitolo, non essendo in primis coinvolti nel processo decisionale. Introdurre un’educazione alimentare nelle scuole significherebbe anche allinearsi agli standard dell’OMS, che la prevedono, ma che in Italia non sono stati recepiti.


Gli Aspetti Legali del Veganismo


A questo punto, dopo aver trattato gli aspetti etici e scientifici di ciò che comporta un regime alimentare vegano, siamo passati a esaminare il tema dal punto di vista legale, specialmente grazie all’aiuto dell’avvocata Simeone.


Non esiste una e vera e propria definizione giuridica di “vegan”, infatti vi è un pericoloso vuoto normativo, soprattutto per quanto riguarda la composizione dei prodotti che troviamo al supermercato. Esistono delle certificazioni di cibi vegani, tuttavia non sono rilasciate da una pubblica autorità, bensì sono private, il che comporta che ogni ente abbia un diverso approccio e che non vi siano delle linee guida elaborate dal legislatore. Tutto ciò provoca insicurezza nel consumatore, perciò è necessario che tale vuoto normativo venga colmato al più presto.


Recentemente, il nostro legislatore ha vietato la vendita e la promozione di carne coltivata, ancor prima che la Commissione Europea abbia espresso un parere in materia. Ricordiamo infatti che i vari Stati Membri dell’Unione hanno ceduto la propria sovranità alimentare, che è ora disciplinata dalle leggi comunitarie. Quindi, nel caso in cui la Commissione emanasse un Regolamento europeo favorevole alla carne coltivata, ciò porterebbe a un conflitto con la normativa italiana che la vieta.

Il legislatore nazionale potrebbe comunque intervenire per limitare la scelta di una particolare dieta attraverso l’uso di tasse e accise che scoraggino i consumatori dall’acquistare un determinato tipo di prodotti. I consumatori possono però fare la differenza e, dato il loro ruolo centrale, possono influenzare il mercato. Resta il fatto che però manca una normativa in tal senso, forse anche perché l’attuale governo sta cercando di proteggere gli allevatori e agricoltori italiani per preservare quella che è ritenuta la cultura enogastronomica italiana.


Come ultima questione, abbiamo sottoposto all’avvocato Simeone il caso problematico in cui due genitori separati e/o divorziati non siano d’accordo sul regime alimentare del proprio figlio, anche alla luce di numerose situazioni salite alla ribalta della cronaca.

Gli articoli 316 e 317 del Codice civile prevedono che due genitori possano rivolgersi al giudice qualora essi fossero in disaccordo su molteplici materie, anche nel caso in cui non fossero separati, bensì regolarmente conviventi. In questo caso, il giudice deciderebbe tenendo in conto l’esclusivo interesse del minore. L’attuale giurisprudenza si basa soprattutto sull’utilizzo di un criterio oggettivo come le statistiche riguardo ciò che i bambini abitualmente mangiano, cosa prevedono i menù delle scuole, ecc. Si nota quindi una chiara preferenza della dieta onnivora; ciò è dovuto al fatto che attualmente la scelta alimentare è ancora vista come una scelta politica senza ragioni etiche e non si tiene in considerazione l’impatto che una dieta onnivora ha sull’ambiente — anche alla luce del progressivo cambiamento climatico — e sul benessere psicofisico della persona.



Evento organizzato da Livia Borgogni, Sofia Brogi e Alessandro Stampa

Relazione a cura di Daniele Bertani, Virginia Candolini e Carlotta Caromani

Post a cura di Adele Pietrina Risoli e Virginia Candolini

Foto di Giovanni Colombo

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