Segreto confessionale: la legge di Dio sopra quella dello Stato?
- resethica
- 26 nov 2021
- Tempo di lettura: 7 min
Può la legge di Dio essere al di sopra della legge dello Stato? Esso è un quesito che ha interessato le più brillanti menti della storia, le quali hanno tentato di dare una risposta, tuttavia mai arrivando ad una sentenza definitiva.
Tale antica questione è stata riportata in auge molto recentemente, precisamente a partire dal 5 ottobre 2021, in occasione della pubblicazione di un rapporto sugli abusi sessuali nella Chiesa di Francia condotto da una Commissione Indipendente guidata da Jean-Marc Sauvé, eminente magistrato e già vicepresidente del Consiglio di Stato francese.
Questa inchiesta, che ha raccolto istanze da 150 testimoni e 2200 dichiarazioni scritte in forma anonima, ha stimato che, nel corso degli ultimi 70 anni, un numero minimo di 216.000 bambini e adolescenti abbiano subito molestie da un numero di preti e figure religiose compreso tra 2900 e 3200.
Nell’immediato, l’istituzione ecclesiastica si è trovata compatta nel condannare fermamente ciò che è emerso da tale inchiesta. Il presidente della Conferenza Episcopale Francese, monsignor Éric de Moulins-Beaufort, ha espresso “orrore e costernazione” per i risultati del resoconto mentre, all’indomani della pubblicazione, Papa Francesco ha dichiarato: “Desidero esprimere alle vittime la mia tristezza e il mio dolore per i traumi che hanno subito e la mia vergogna, la nostra vergogna”.
Okay, ma cosa rimane? Il rapporto contiene, inoltre, ben 45 raccomandazioni per contrastare e fermare tale disastroso fenomeno, alcune delle quali hanno fatto assai discutere. Quella che ha maggiormente attirato l’attenzione della Chiesa è la proposta di rivedere e riformare il dogma della riconciliazione, ossia la confessione. In particolare, ciò su cui la Commissione Indipendente ha posto l’accento è l’ipotetica abolizione, o perlomeno mitigazione, del segreto confessionale in caso di rivelazioni che abbiano come oggetto abusi o violenze, non solo da parte di sacerdoti. Pertanto, l’inchiesta invita i preti che siano venuti a conoscenza di violenze e abusi sessuali in sede confessionale di denunciare tali fatti alle autorità competenti.
Suddetta proposta si appoggia sull’articolo 434 comma 3 del Codice Penale Francese, che così recita: “Il fatto, per chiunque venga a conoscenza di privazioni, maltrattamenti o aggressioni o abusi sessuali […], di non informare l'autorità giudiziaria o amministrativa o continuare a non informare tali autorità finché tali reati non siano cessati è punito con la reclusione a tre anni e con la multa di 45.000 euro.”
Tuttavia, vi è un cruciale conflitto in questo senso: in Francia come nel resto del mondo, il segreto confessionale è trattato al pari del segreto professionale del medico o dell’avvocato. Inoltre, riguardo il dogma della riconciliazione, il Can. 983 §1 del Codice di Diritto Canonico cita il sigillo confessionale come “inviolabile, pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e per qualsiasi causa”. Un sacerdote non può violare il segreto per salvare la propria vita o quella di un altro, per proteggere il suo nome o per aiutare il corso della giustizia: infatti, in caso di trasgressione o inosservanza del vincolo, egli è automaticamente soggetto alla scomunica.
La questione si scalda anche ai piani superiori: quando il Vescovo Eric de Moulins-Beaufort ha ribadito che “il segreto della Confessione è un requisito e rimarrà un requisito - in un certo senso, è al di sopra delle leggi della Repubblica”, egli è stato immediatamente convocato dal ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, che ha riferito poi così in Parlamento: “Gli ho detto ciò che dico a tutti i rappresentanti delle religioni: non esiste una legge superiore alle leggi dell’Assemblea nazionale e del Senato. La Repubblica francese rispetta tutte le religioni fintanto che queste rispettano la Repubblica e le leggi della Repubblica”.
Il conflitto si sposta quindi più sulla sfera ideale, uno scontro tra il “date a Dio ciò che è di Dio” e “date a Cesare ciò che è di Cesare”. Questo tipo di controversia ha chiaramente una grande tradizione nella storia del pensiero dell’uomo, che parte dalla filosofia greca antica e passa dai grandi pensatori cristiani e medievali, fino ad arrivare ai moderni intellettuali.
Già il greco Sofocle, nel dramma di Antigone, illustra e descrive il conflitto tra Legge degli Dèi e Legge degli uomini: i due protagonisti, Creonte e Antigone, hanno visioni differenti sulla superiorità dell’una all’altra. Contrariamente, nella concezione giusnaturalistica greco-stoica della Legge naturale, la divinità è un carattere intrinseco della Legge; il divino è insito nella natura, quindi la legge di Dio corrisponde a quella degli uomini perché questa è determinata da Dio stesso che è parte e forma della Legge. Con l’inizio della tradizione cristiano cattolica, San Pietro e San Paolo propongono una visione della legge per cui “Si deve ubbidire prima a Dio che agli uomini” (Atti degli Apostoli 5, 29) e “La legge provoca la collera di Dio” (Lettera ai Romani, S. Paolo): la legge del Vangelo scavalca quindi la legge giudaica dell’epoca, andando a costituire una significativa divergenza. Anche Sant’Agostino riprende San Paolo e sostiene che la legge portata da Cristo sia in qualche modo più importante della legge mosaica poiché vera incarnazione della Legge Naturale, intesa come la norma che Dio ha donato originariamente all’uomo per inclinarlo al bene. Giovanni di Salisbury, filosofo inglese del XII secolo, sottolinea come anche i re e i prìncipi siano sottomessi alla legge eterna di Dio, legge di equità, contenente precetti validi per tutti i popoli.
Durante il Medioevo, fintanto che potere temporale e spirituale andarono effettivamente di pari passo, la Legge di Dio, impersonificata dall’istituzione ecclesiastica, fu spesso utilizzata come unico metro di giustizia, e chi era riluttante ad accettarlo veniva riportato sulla “retta via” attraverso interrogatori, torture e processi penali oppure direttamente “eliminato” (si vedano, per esempio, i casi di Galileo Galilei e Giordano Bruno).
Nell’età moderna, inoltre, è stata proprio la Legge di Dio a supportare l’inizio dei viaggi di esplorazione, attraverso quello che possiamo identificare come “processo di evangelizzazione delle terre pagane”, che si è poi trasformato in una vera e propria lotta all’anticlericalismo, con l’imposizione forzata del cristianesimo anche attraverso l’uso delle armi.
Per Macchiavelli, la religione è instrumentum regni, un mezzo per mantenere il potere e l'ordine politico non diversamente dalla legge: il timor dei è un potente fattore di coesione sociale e di sottomissione delle masse al potere, e da ciò egli sostiene che bisogni integrare leggi umane e divine, seppur mantenendole ben distinte.
Il concetto machiavelliano di religione come instrumentum regni è preservato anche nel periodo dell’Illuminismo grazie ad alcuni dei suoi maggiori esponenti, Rousseau e Voltaire; ma se il primo mostra molta convinzione religiosa, il secondo si dimostra parecchio più esitante sul fattore religioso come essenziale nella vita politica.
Tuttavia, dalla nascita dello Stato-nazione come entità giuridica definita, si è assistito ad un progressivo cambio di rotta: dalla Rivoluzione Francese, culla dell’anticlericalismo, la legge dello Stato Liberale si è posta al di sopra della Legge di Dio. Nel corso del XIX e XX secolo, il peso che aveva avuto anteriormente la Chiesa Cattolica è stato gradualmente ridotto a causa della filosofia moderna, la quale ha progressivamente cercato di abbattere i dogmi religiosi, e dell’introduzione del concetto di “laicità dello Stato”.
Oggigiorno, il tema principale viene maggiormente traslato su una questione morale: è giusto che la Chiesa abbia ancora un peso così importante nella vita politica di alcuni Stati? E più specificatamente, può la Chiesa Cattolica influire su alcuni importanti temi sociali in uno Stato che si professa laico in difesa della libertà religiosa?
Il caso della Francia è un caso emblematico: nello Stato che è culla dell’anticlericalismo, vi è una forte tendenza a limitare le ingerenze ecclesiastiche su alcuni temi, e quello degli abusi sui minori è uno di questi. Tuttavia, non solo si desidera che tali intromissioni vengano limitate, ma si cerca inoltre di fare in modo che la Chiesa non impedisca il regolare corso della Legge dello Stato.
Pertanto, si intende far sì che il sacramento della confessione non copra potenziali rivelazioni di abusi sessuali, evitando quindi che l’atto della riconciliazione si trasformi in una “arma del silenzio”.
Tuttavia, attribuendo alla faccenda un carattere più pratico, il rischio di tale misura è che in qualche modo coloro che sono coinvolti in abusi sessuali (sia le vittime che i colpevoli) non si avvalgano più della confessione per confidare tali accadimenti. Difatti, se il Vaticano rendesse prassi la possibilità di violare il sigillo sacramentale nel caso in cui il penitente confidi determinati reati, sicuramente nessun abusatore sessuale o pedofilo si avvicinerebbe più a un confessionale. Similmente, il concetto secondo il quale l'assoluta segretezza del confessionale conduce le persone a sentirsi libere di rivelare vicende personali, spiega anche perché l’abolizione di tale obbligo normativo porterebbe inesorabilmente ad un aumento di sfiducia delle vittime. Come afferma l’arcivescovo di Perth, Timothy Costelloe: “Se si tratta di qualcuno che vuole rivelare di essere stato abusato, anche questi rinuncerà a venire, e forse non riuscirà a fare i conti con quanto è successo. Per questo io temo davvero che il risultato di tale cambiamento potrebbe ben essere per i bambini e per i giovani una sicurezza minore, non maggiore”.
Per qualcuno, oltretutto, l’eliminazione del segreto confessionale potrebbe essere percepito come un affronto alla Chiesa Cattolica, conducendo a conseguenze estreme. Ciò è precisato dal filosofo e saggista francese Robert Redeker: “La confessione non si svolge allo stesso livello della vita civile. È un atto che si svolge in uno spazio diverso da quello politico: lo spazio spirituale. Il governo francese, ma anche l’opinione pubblica, ignora l’esistenza di questo spazio. Rompere il segreto della confessione è distruggere questo spazio […]. È una forma di ‘totalitarismo’ per rendere gli uomini trasparenti. Un totalitarismo amministrativo”.
Una possibile soluzione sarebbe quella secondo la quale il prete invitasse la vittima o il colpevole a non rivelare i dettagli in confessione, ma ad affrontarli al di fuori della sfera confessionale, dove tale obbligo di segretezza non avrebbe valore...
Un’alternativa proposta da Bruno Py, professore di legge all’Università di Lorraine, sarebbe quella di far ricadere la scelta sui sacerdoti: non incorrerebbero quindi in sanzioni sia nel caso in cui denunciassero i fatti sia nel caso tenessero per sé l’informazione. Si lascerebbe quindi ampio margine di discrezionalità al confessore, che verrebbe guidato nella scelta esclusivamente dalla sua personale coscienza.
Il dibattito sulla questione è ancora estremamente aperto: da un lato, la Chiesa francese rifiuta quasi categoricamente di rivedere la regolamentazione sacramentale (anche perché ciò vorrebbe dire rivedere il dogma confessionale a livello generale, rimandando quindi la questione al Vaticano); dall’altro invece, l’intransigenza anticlericale dell’élite politica francese (spesso utilizzata quasi esclusivamente per fini propagandistici) dovrebbe sicuramente essere mitigata, per aprire un dialogo serio e concreto sulla questione.
Il Vescovo Eric de Moulins-Beaufort sottolinea come vi sia la “necessità di riconciliare la natura della confessione e il bisogno di proteggere le vittime”. Se, tuttavia, le parti non si metteranno in ascolto l’una dell’altra, sarà difficile trovare una soluzione: l’obiettivo è scavalcare il quesito e il contrasto ideologico tra la legge di Dio e la legge dello Stato, affinché il fine comune ultimo non venga offuscato, per fare in modo che le vittime ricevano l’aiuto e la giustizia che si meritano.
Giovanni Colombo
Sono Anonima, vengo dall'italiano, ma risiedo nei Paesi Bassi. Desidero condividere le mie testimonianze con il grande pubblico su ciò che questo dottore spirituale chiamato Agboya ha appena fatto per me, e ringrazierò anche questo stesso sito e tutte le persone che danno qui la loro testimonianza sullo stesso uomo e su come ha aiutato le persone per riportare indietro il loro ex amante
mi ha anche aiutato a riportare indietro il mio ex marito perduto con il suo grande potere magico quando lo ho contattato 2 settimane fa dopo aver visto la testimonianza di una signora chiamata (Laura) di come proprio quest'uomo l'abbia aiutata.
Ero sposata con mio marito, siamo stati insieme per molto tempo e ci amavamo …