Il problema del voto dei fuori sede è da tempo risaputo. Infatti, mentre in Italia si tende a sostenere che per l’astensionismo al voto sia da incolpare l’individuo che non si interessa all’esercizio dei propri diritti politici, in realtà è da sottolineare il ruolo che gioca anche il fenomeno della negazione del diritto di voto ai fuori sede, il quale colpisce circa il 10% del corpo elettorale del paese.[1] In occasione delle elezioni nazionali, appunto, gli studenti e i lavoratori fuori sede si trovano costretti ad affrontare viaggi interminabili, pagando prezzi molto eccessivi, solo per esercitare un diritto ritenuto fondamentale sin dai tempi dell’Illuminismo. Anche se sono previsti sconti per tutti tipi di trasporto in vista delle elezioni, il costo di viaggare in aereo, nave oppure in treno è innalzato a prescindere, in ragione dell’aspettativa dell’aumento della domanda. Inoltre, secondo la stima riportata nel Libro Bianco del 2019, “il 38% dei fuori sede impiega più di quattro ore tra andata e ritorno per tornare alla propria residenza, il 15% tra le 4 e le 8 ore, il 9% tra le 8 e le 12 ore e il 14% circa più di 12 ore di viaggio”.[2] Pare quindi evidente come, attraverso una breve analisi delle difficoltà da affrontare nel rientro per il voto, il fuori sede venga nella pratica ostacolato nell’esercizio del proprio diritto di voto.
In più, appare ancora più ingiusto il mancato riconoscimento del voto dei fuori sede quando confrontato alla possibilità di voto per corrispondenza che viene invece riconosciuto ai cittadini residenti all’esterno, nonché ai militari delle Forze armate e gli appartenenti a corpi militarmente organizzati per il servizio dello Stato.[3] Effettivamente, non sembra giustificabile una differenziazione rispetto all’esercizio del diritto di voto tra i cittadini Italiani residenti all’estero e coloro che abitano in un comune diverso da quello della propria residenza.
In questo ambito si colloca la proposta di modifica di legge n. 1.0.1 al DDL n. 997, denominato “Disciplina sperimentale per l'esercizio del diritto di voto da parte degli studenti fuori sede in occasione dell'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia per l'anno 2024”.[4]
Anche se non rappresenta il primo tentativo di intervento legislativo in proposito, sembra essere l’unica proposta ad essere stata approvata da entrambe le camere. Più precisamente, era stata proposta in passato l’introduzione del voto delega, il voto anticipato presidiato e il voto per corrispondenza, sempre indirizzato nei confronti dei fuori sede. Tuttavia, queste proposte hanno suscitato forte opposizione per la presunta violazione della segretezza e la personalità del voto, ledendo quindi la libertà del voto[5] sancito all’articolo 48 della Costituzione. Di queste proposte sopramenzionate si è salvata soltanto la possibilità per i fuori sede di votare tramite il c.d. voto antipicato presidiato in caso di referendum, tramite il quale lo studente o il lavoratore dovrebbe chiedere la possibilità di votare al proprio comune di domicilio temporaneo tramite Spid almeno 45 giorni prima del referendum. Questa scelta è stata ritenuta compatibile con le previsioni costituzionali, siccome le schede di referendum sono uguali per tutto il territorio nazionale e si prevede una circoscrizione unica nazionale ai fini del risultato.
La modifica di legge prevederebbe, esclusivamente per le prossime elezioni europee, la possiblità per gli studenti fuori sede di votare attraverso un meccanismo differenziato a seconda della circoscrizione elettorale nella quale si trovi l’interessato. Se lo studente si trova in una delle cinque circoscrizioni già previste per le elezioni europee (Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud e Isole), l’interessato potrà fare richiesta almeno 35 giorni prima delle elezioni per votare in un seggio del comune in cui studia. Altrimenti, lo studente dovrà esercitare il proprio voto presso una “sezione speciale” da allestire nel capoluogo della regione in cui studia (ad esempio, viene menzionato il caso di uno studente originario di Genova che studia a Torino).[6]
Oltre all’osservazione per cui questa proposta presenterebbe molte perplessità, in quanto si riferisce soltanto agli studenti e non ai lavoratori, nonché per il fatto che sia limitata esclusivamente alle prossime elezioni europee, quindi temporanea, non si può che criticare il mancato intervento anteriore. Infatti, l’Italia rappresenta, assieme a Malta e Cipro, l’unico paese europeo a non aver istituito metodi alternativi rispetto al voto nel comune di residenza, volti ad agevolare l’esercizio dei diritti politici di studenti e lavoratori fuori sede. In particolare, in Austria, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera si può votare per corrispondenza. In Belgio, Francia e Paesi Bassi si può delegare il proprio voto a un’altra persona. Infine, in Danimarca, Norvegia, Portogallo e Svezia è previsto il voto anticipato, mentre in Estonia quello elettronico.[7]
Da ultimo, è da notare come la mancata previsione di un meccanismo di voto diretto ai fuori sede studenti e lavoratori possa presentare dei profili di contrasto con il diritto di voto e il principio di uguaglianza – entrambi tutelati non solo a livello costituzionale nazionale, ma anche a livello sovranazionale nonché internazionale.
Anna Karhausen
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