Tra noia e delusioni varie sono già passate le prime due o tre settimane di lezioni, e che non si dica che non ne ho date di possibilità ai bocconiani. Io ci provo a cercare la profondità nelle persone che mi stanno attorno ma vedo sempre gli stessi rituali e sento sempre gli stessi discorsi. Mi guardo attorno e mi pare di vedere un esercito di terracotta di figli di borghesi arricchiti, chiusi nei loro circoli e nei loro discorsi autoreferenziali e fintamente impegnati. Probabilmente non mi sto sforzando di scavare sotto la cortesia per trovare la sostanza, ma chi me lo fa fare? Milano di notte sembra una foresta e io sono sempre stato affascinato dalla fauna notturna. Così, gradualmente, i giorni della settimana perdono di significato. Il mio calendario di impegni universitari si svuota lasciando spazio ad orizzonti di scoperte ed escursioni alla ricerca del meraviglioso: la vita diventa una continua fuga dalla prevedibilità, alla rincorsa di quell’attimo che brilla nel grigio delle pratiche della vita seria. È l’una di notte e sono fuori da un club dietro la Stazione centrale, appoggiato ad un lampione a fumarmi la trentesima Marlboro della giornata quando eccolo che arriva, il meraviglioso: una Mercedes pagoda bianca decapottabile guidata da questo esemplare di omosessuale milanese. L’uomo è pelato, completamente vestito di bianco dalla testa ai piedi con una faccia che sembra il tentativo di un pittore espressionista di riassumere la depravazione della città. Come faccio a dire che è omosessuale? Apre la bocca e il primo commento che fa è sul mio culo. Adesso, io accetto i complimenti da tutti e vado in palestra da anni aspettando una frase del genere ma, onde evitare equivoci, metto subito in chiaro che non mi si può affittare. “Per chi mi hai preso giovane?” risponde ironico, senza prendermi sul serio. Lo vedo interessato e, dato che tutto il contesto mi attira, provo ad attaccare bottone. Non me lo posso lasciare scappare: questo ha l’aria di conoscere tutta Milano e a me serve tremendamente un Virgilio in questa selva oscura. Ora, dalla mia piccola esperienza nell’ambito, se c’è una cosa che fa colpo sugli omosessuali sono i complimenti. Non me ne vogliate male, non voglio fare stereotipi: è la mia aneddotica che parla. “Bella macchina, poi perfettamente intonata con l’outfit”, gli dico, strappandogli un sorriso. La battuta non è niente di che, ma un’espressione simpatica e un bel culo varranno qualche minuto di conversazione, no? “Ti va di fare un giro?”, mi risponde sornione e sicuro del fascino della macchina. Io lo squadro con un’espressione accentuata dall’alcool. Non parlo, voglio sfruttare il potere negoziale del silenzio, sperando che questo chiarisca le sue intenzioni. Lui nota la mia diffidenza e raddoppia l’offerta: “ho un after party da un amico che devo assolutamente salutare”. Accenno un sorrisetto mentre il fumo della sigaretta risalta alla luce pallida del lampione. “Sarà divertente, su! – aggiunge sapendo che non posso dirgli di no - guarda che me ne vado...” Io non me lo faccio ripetere due volte, salgo in macchina e subito sprofondo in questi sedili di pelle più comodi di un ottomano di un pascià.
Riccardo Carpani
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