“Siamo figlie e figli d’Italia”. Questo lo slogan più sentito dello scorso settembre 2024, mese scandito da una delle campagne referendarie più partecipate degli ultimi anni. Parole forti, forse provocatorie, che lanciano un invito serio al ripensamento delle modalità di acquisto della cittadinanza italiana.
Il 6 settembre il deposito del quesito oggetto del referendum abrogativo da parte del segretario di +Europa Riccardo Magi; il 25 settembre il raggiungimento delle 500mila firme necessarie; la Corte costituzionale, chiamata a sancirne con sentenza l’ammissibilità, si pronuncerà il prossimo 10 febbraio; l’eventuale voto in primavera. Questi gli step del referendum che mira a dimezzare - dagli attuali 10 a 5 - gli anni di residenza ininterrotta necessari per fare richiesta della cittadinanza italiana.
Le indagini contano circa 2,3 milioni di italiani di fatto ma non di diritto che, secondo il referendum, soddisfano le condizioni per fare richiesta.
A contribuire alla riproposizione del tema, portandolo a centrocampo per una partita tutta da giocare, sono state le Olimpiadi di Parigi dello scorso agosto. La squadra azzurra era composta da moltissimi atleti, anche medagliati, di origine straniera. In questo senso è particolarmente significativo l’episodio, verificatosi a Roma, del murales dedicato alla pallavolista Paola Egonu. L’opera dell’artista di strada Laika è stata deturpata da ignoti con vernice rosa sulla pelle della campionessa. Uno sfregio che fa pensare a un vero e proprio rifiuto del colore della pelle. Questo è stato uno dei fatti che ha indignato di più l'opinione pubblica e contribuito a scaldare gli animi per la proposta referendaria del mese successivo.
Sono stati molti i segretari di partito ad aver aderito all’iniziativa, tra i quali Elly Schlein, Matteo Renzi, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni e Carlo Calenda. Numerose anche le associazioni umanitarie impegnate nella causa. Altri giocatori importanti sono stati i vip sostenitori dell’iniziativa che, attraverso i propri appelli sui social, hanno fatto sì che la raccolta firme subisse un’impennata vertiginosa fino al raggiungimento del numero necessario. Nel team lo storico Alessandro Barbero, lo scrittore Roberto Saviano, il fumettista Zerocalcare, il regista Matteo Garrone, i cantanti Ghali, Dargen D'Amico e Malika Ayane, l'attrice Kasia Smutniak, il ct Julio Velasco e tanti altri.
Cosa si intende per “cittadinanza”?
Per comprendere il requisito referendario e la sua portata è utile fare chiarezza sul significato della cittadinanza e com’è attualmente regolamentato il suo ottenimento.
Il termine cittadinanza indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici. Più nel dettaglio, la cittadinanza può essere intesa da un lato come fascio di posizioni giuridiche attive (diritti) e passive (doveri) riconosciuti all’individuo in ragione della sua appartenenza ad una comunità politica.
Le modalità di acquisto sono sostanzialmente due: lo ius soli e lo ius sanguinis. Il primo criterio fa riferimento alla nascita sul "suolo", sul territorio dello Stato e si contrappone al secondo mezzo, imperniato invece sull'elemento della discendenza o della filiazione.
In Italia, la normativa di riferimento è la legge del 5 febbraio 1992, n. 91. La legge stabilisce che la cittadinanza si acquista iure sanguinis. Esiste una possibilità residuale di acquisto iure soli se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o ignoti. Ai sensi dell’art.9 della suddetta legge, la cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti, quali la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezzapenale, l’ottemperanza agli obblighi tributari e l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
Quesito referendario
Potrebbe ora risultare più agevole la lettura del quesito che troveranno i cittadini sulla scheda: "Volete voi abrogare l'art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole "adottato da cittadino italiano" e "successivamente alla adozione"; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: "f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.", della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza"?".
L’articolo 9, nel caso in cui sia raggiunto il quorum e che la maggioranza dei votanti si esprima favorevolmente, subirebbe i seguenti cambiamenti:
- la lettera f) scomparirebbe dal testo
- la lettera b) risulterebbe così formulata: “La cittadinanza italiana può essere concessa […] allo straniero che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni”.
Allargando l’orizzonte: cosa accade al di fuori dell’Italia?
All’interno dell’Unione Europea la politica adottata continua ad essere quella dello ius sanguinis.
Infatti, in linea con il nostro Paese risultano essere la Francia e la Germania dove la cittadinanza è regolamentata principalmente tramite il criterio del sangue e raramente tramite lo ius soli - per questo motivo detto “temperato”.
Nonostante le evidenti similitudini con la disciplina italiana, alcuni Paesi UE sembrano essere già un passo avanti nel cammino di integrazione. È questo il caso della Germania che, a inizio 2024, ha effettuato una modifica alla regolamentazione per l’ottenimento della cittadinanza che coincide con le richieste del nostro referendum.
Spostando l’attenzione sul Regno Unito, si riscontrano ancora molte affinità tra le discipline: si è cittadini se un genitore risulta essere britannico oppure con permesso di soggiorno e settled nel Paese.
Se, invece, si rivolgesse l’attenzione verso altri continenti, si noterebbe il chiaro contrasto - dovuto anche a fattori storico-tradizionali - tra i criteri adottati. Un esempio “emblematico” è quello degli Stati Uniti d’America dove vige lo ius soli puro: condizione necessaria e sufficiente per acquisire la cittadinanza americana è essere nati su quel territorio.
Altri Paesi che seguono la linea d’onda degli USA sono il Canada, il Messico, l’Argentina e il Brasile. Ad ogni modo, però, fuori dal continente americano resta scarsamente diffuso, almeno ad oggi, lo ius soli puro.
Possibili alternative?
Il dibattito sulla cittadinanza ha visto il susseguirsi, specialmente negli ultimi anni, di differenti proposte sostenute dai vari partiti politici e associazioni umanitarie. Di cosa si tratta nello specifico?
Tra le ipotesi più accreditate vi era l’introduzione del c.d. “ius culturae”: questa espressione delinea una proposta di legge, approvata dalla Camera nel 2015 e poi fermata al Senato due anni dopo, che legava l’acquisizione della cittadinanza - per gli stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro Paese prima dei dodici anni di vita - al superamento di un ciclo di studi di almeno cinque anni oppure di un corso di formazione professionale (triennale o quadriennale).
Sostanzialmente identico è il ragionamento logico riscontrabile alla base dello ius scholae, ulteriore e simile proposta di legge (questa volta del 2022). L’idea è di permettere, sempre ad un minore straniero che nasce in Italia o che arriva in territorio italiano entro i 12 anni, di acquisire la cittadinanza italiana se frequenta regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici in istituti nazionali di istruzione o comunque idonei ad ottenere una qualifica professionale.
Anche questa proposta è stata bloccata, ma recentemente è ritornata al centro del dibattito tramite spinte politiche (in particolare quella del Ministro Tajani che, apportando lievi modifiche ai requisiti per lo ius scholae, ha proposto lo “ius italiae”).
Ultima alternativa da sempre tenuta in considerazione è quella dello ius soli puro che porterebbe ad un netto avvicinamento alla disciplina degli USA in tema di cittadinanza. Con lo ius soli puro chiunque nasce in Italia diventa automaticamente cittadino italiano.
Le vere domande da porsi, arrivati a questo punto del dibattito, sono: qual è il diverso impatto di queste alternative? Si possono considerare tutte ugualmente efficaci e idonee ad un cambiamento nell’integrazione sociale del nostro Paese?
Secondo dati statistici, abissale risulta la differenza in termini di persone che diventerebbero cittadini italiani.
Infatti, se da un lato lo ius soli e lo ius scholae andrebbero a toccare rispettivamente circa 500mila e 135mila individui; dall’altro lato, invece, il referendum cittadinanza necoinvolgerebbe circa 2,5 milioni.
Conclusione: spunti di riflessione
I dati parlano chiaro: con l’eventuale approvazione del referendum, il popolo italiano passerebbe da circa 60 a 62 milioni.
Quest’aumento porterebbe numerose implicazioni e sfide su diversi piani: maggioranza politica e diritto di voto; multiculturalismo ed integrazione; identità e tradizione. Come reagiremo dinanzi a questo cambiamento? Ma soprattutto, si tratta effettivamente di un qualcosa di nuovo oppure di un riconoscimento di una realtà già presente?
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