Domenica 17 marzo, la Presidente della Commissione Europea Von Der Leyen, accompagnata dal presidente del consiglio Meloni e dai leader di Austria, Belgio, Cipro, e Grecia, ha firmato un accordo per 7.4 miliardi di euro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Questi fondi, tra cui 5 mld di prestiti, 1.8 mld di investimenti e 600 mln a fondo perduto, saranno erogati tra il 2024 e il 2027, e serviranno a finanziare sei principali iniziative, tra cui l’assistenza macro-economica per rilanciare la martoriata economia egiziana, provvedendo nuovi scambi commerciali e investimenti, ma anche la più scottante questione della gestione dei flussi migratori verso i paesi UE, oltre al tema dell’energia.
Nonostante l’accordo si basi sulla cooperazione tra UE ed Egitto, che si propone di promuovere la stabilità di un partner essenziale, per rafforzarne poi quella regionale, quest’ultimo sembra essere molto simile a quello stipulato con la Tunisia nel luglio 2023, collocandosi in un insieme di strategie, non ultima quella di campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee. Infatti, per assicurarsi un secondo mandato alla guida della Commissione, Von Der Leyen sta cercando l’appoggio anche delle destre europee, strizzando l’occhio a Meloni sul dossier migratorio, sapendo che il benestare dell’ECR sarebbe fondamentale per una rielezione.
Tuttavia, come espresso da varie voci della società civile e dall’interno del Parlamento UE, non si può nascondere il fatto che l’Egitto sia un paese dove i più fondamentali diritti umani vengono costantemente violati da un’élite politica sprezzante, che rinchiude oppositori politici, e fa uso sistematico della violenza contro i civili e i rifugiati. In questi giorni, la società civile in Europa protesta contro un accordo che risulta apertamente in contrasto con i principi predicati (ma non sempre promossi nei fatti) dall’Unione Europea.
La Problematica Dinamica di Esternalizzazione delle Frontiere
Da più di un decennio, le migrazioni verso l’UE dai paesi del Centro-Nord Africa e dell’Africa Subsahariana si sono fatte incessanti e più consistenti. Lungi dal considerare le migrazioni un fenomeno a lungo termine, e cercando di contrastarlo come una costante emergenza, l’Unione Europea ha da anni adottato una cosiddetta strategia di “esternalizzazione delle frontiere”, che consiste nel stipulare accordi economico-finanziari (compresi il sostegno militare e l’addestramento delle forze di polizia locali) con alcuni Paesi limitrofi all’Unione, con il fine di ostacolare migranti e richiedenti asilo nell’approdo in Paesi dell’UE, dove dovrebbero avere accesso ad un visto di protezione internazionale e richiesta di diritto di asilo. Finanziati dai fondi dell’Unione, questi accordi portano benefici per le politiche dell’Unione, poiché tengono lontani i migranti africani dalle coste Europee, ammassandoli forzatamente nei Paesi confinanti con le aree di crisi. Allo stesso tempo sono forse maggiormente vantaggiosi per gli Stati contraenti, i quali ricevono lauti finanziamenti per sostenere l’economia interna e rafforzare i sistemi di sicurezza e controllo delle frontiere. In questo quadro, i contributi vengono elargiti senza vincoli e criteri, come un tacito accordo tra soggetti che sanno che non è il caso di farsi troppe domande o fare troppe richieste.
Ciò che è stato fatto con la Turchia ai tempi della guerra in Siria, con la Libia e, più recentemente, con la Tunisia, si ripete ciclicamente anche con l’Egitto, appaltando di fatto la gestione del fenomeno migratorio a Paesi che non si sono dimostrati particolarmente virtuosi nel rispetto dei diritti umani, spesso esponendo i migranti a condizioni brutali in campi di confinamento, dove violazioni, soprusi, e vere e proprie torture sono all’ordine del giorno (si veda, per esempio, il caso dei Lager Libici). Come sottolineano Duccio Facchini e Luca Rondi nel loro libro “Respinti: le ‘sporche frontiere’ d’Europa, dai Balcani al Mediterraneo” (2021), tali accordi bilaterali con gli Stati limitrofi sono utili a coprire le pratiche diffuse dei respingimenti illegali dei Paesi dell’Unione (Polonia, Grecia, Italia, Francia, Spagna sono solo alcuni), nel tentativo di limitare l’accesso nel territorio dell’UE per i richiedenti asilo dei Paesi africani, mentre l’ipocrisia Europea emerge nella (giusta) accoglienza e solidarietà riservata ai rifugiati ucraini, vittime di una guerra più vicina ai nostri territori.
Nell’Agenda europea sulle migrazioni del 2015 si fa riferimento alla motivazione di tali accordi, ovvero «assistere i Paesi terzi nello sviluppo di soluzioni proprie per gestire meglio le proprie frontiere» ma anche di «prendere seri provvedimenti contro la tratta e il traffico di migranti». Tuttavia, nessuno in questi anni è mai riuscito a provare che la tratta dei migranti sia in effetti diminuita, specialmente poiché non si sono instaurati canali legali per l’ingresso di rifugiati e richiedenti asilo, strumenti che, anche secondo una raccomandazione della Commissione Europea del 2020, sarebbero i percorsi più efficaci per combattere l’immigrazione illegale e la tratta di esseri umani.
Solo qualche settimana fa, approfittando della prima finestra di bel tempo dopo l’inverno, parecchie imbarcazioni sono partite dalle coste di Tunisia e Libia (entrambi aventi accordi bilaterali con l’UE simili a quello egiziano), portando 48 sbarchi in 3 giorni a Lampedusa, con attività intensa delle ONG. Nonostante tutti gli ostacoli, le persone continuano a partire: il viaggio è più lungo, più costoso e più pericoloso, ma uomini, donne e bambini martoriati da guerre e povertà non si fermano.
Secondo Facchini e Rondi, in alcuni casi, gli arrivi sono diminuiti (un esempio su tutti, l’Italia dopo gli accordi con la Guardia Costiera Libica), ma non sono diminuite le partenze, le violazioni dei diritti umani, i respingimenti illegali, e i morti in mare, che al contrario sono aumentati. La mancanza di trasparenza da parte di Frontex nelle sue operazioni di soccorso (e respingimento) riflette l’atteggiamento dell’Unione, nella quale Frontex si caratterizza come «longa manus delle istituzioni europee per declinare sul campo politiche migratorie che […] spesso mettono in secondo piano il rispetto della persona e della sua dignità».
La Violazione dei Diritti Umani in Egitto
Egitto e Italia avevano precedentemente stipulato un accordo bilaterale nel 2015, nel quale si era già previsto un controllo serrato delle frontiere, ragione per la quale dalle coste egiziane non partono imbarcazioni dirette in Italia o in UE. Come spiega la giornalista Annalisa Camilli, l’accordo di questi giorni va però a stimolare l’Egitto a un più efficace pattugliamento del confine con la Libia e, specialmente, con la regione libica della Cirenaica, area orientale sul territorio libico controllata dal generale Khalifa Haftar, da dove partono parecchie imbarcazioni e il traffico di esseri umani sarebbe in mano, secondo alcune inchieste, al figlio di Haftar.
L’Egitto è ad oggi un partner la cui influenza è importante in vari fronti, dalla crisi di Gaza, ai negoziati Hamas-Israele, alle relazioni con Mosca e all’influenza russa nell’Egitto di al-Sisi. Per queste ragioni, l’UE vuole sicuramente porsi con un atteggiamento conciliante nei confronti del presidente al-Sisi, rafforzando investimenti e reciproche relazioni. Inserito nel quadro dell’accordo, il progetto EastMed-Poseidon per la costruzione di un gasdotto dall’Egitto, Cipro, Grecia, all’Italia servirebbe all’UE per ridurre ulteriormente la sua dipendenza energetica dalla Russia di Putin.
Tuttavia, il presidente al-Sisi è una figura autoritaria e discutibile, nel quadro di un regime poco trasparente e spesso dedito a coprire crimini e misfatti delle forze di polizia, incarcerando oppositori politici e reprimendo ferocemente il dissenso interno. Secondo un articolo di Internazionale, nel 2022 alcune organizzazioni per i diritti umani stimavano che in Egitto ci fossero 60mila prigionieri politici, tra detenuti in custodia cautelare processati e condannati, sospettati di terrorismo o accusati di avere opinioni politiche non allineate. Parte della comunità internazionale contesta l’accordo, accusando l'UE di chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti quando più le conviene. Si indignano Patrick Zaki, che ha commentato che «i diritti umani non si possono negoziare», e i genitori di Giulio Regeni, che hanno ricevuto l’ennesima umiliazione dal governo Meloni, quando non ha rivolto nemmeno una parola al presidente al-Sisi sul processo Regeni.
«I leader dell’Unione europea cercano di rafforzare i loro legami con l’Egitto, ma non devono rischiare di diventare complici delle gravi violazioni dei diritti umani in corso nel paese», ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio presso le Istituzioni europee di Amnesty International.
Interessi e Intrallazzi Politici
Il fatto che questa visita in Egitto accada poco prima delle elezioni europee non sembra essere un caso. Si tratta della settima missione congiunta di Meloni-Von Der Leyen negli ultimi 10 mesi, durante i quali l’attuale (e candidata) presidente della Commissione Europea ha più volte cercato di avvicinarsi e rafforzare i legami con il presidente Meloni, cercando l’appoggio del blocco dei conservatori europei. Infatti, Von Der Leyen sa benissimo che il beneplacito dei conservatori dell’ECR potrebbe essere determinante nella vittoria per un secondo mandato: quale dossier migliore di quello migratorio per rafforzare l’intesa? La stessa Commissione che nel 2020 sosteneva che gli stati dovessero costruire vie legali di accesso, ora si ritira su posizioni più conservatrici e repressive. Dal canto suo, da quando è al governo, Meloni ha parecchio ammorbidito le sue posizioni sui “Burocrati di Bruxelles” e si è più volte posta come mediatrice sul tema delle migrazioni, provando a proporsi come attore credibile nella gestione di tale dossier e approfittando del fatto che l’Italia ospiterà il G7 proprio quest’anno.
Insomma, tra campagna elettorale, interessi politici e fanatiche ideologie, l’UE rischia ancora una volta di dimenticarsi dei diritti umani, spesso relegati a ultime preoccupazioni, mentre migliaia di persone vengono silenziate, detenute, torturate e uccise sotto il consapevole ma noncurante occhio della politica.
Giovanni Colombo
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