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L'Accordo Italia-Albania sull'Immigrazione: Tra Difficoltà e Controversie Legali

L'immigrazione è da sempre uno dei temi più dibattuti e controversi in Italia, alimentando discussioni politiche accese. Negli ultimi anni, l'intensificarsi dei flussi migratori ha portato la questione al centro dell'agenda politica, con la gestione dei migranti che è stata considerata una delle priorità del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. L'attuale governo ha scelto un approccio deciso, puntando su politiche che rafforzano i confini e mirano a ridurre il numero degli sbarchi. Tra gli interventi più significativi in materia migratoria figura l'accordo firmato il 6 novembre 2023 tra Giorgia Meloni e il primo ministro albanese Edi Rama.

L'intesa prevede la costruzione di due strutture in Albania destinate alla "procedura di frontiera o di rimpatrio", in linea con le normative italiane ed europee. Questi centri dovrebbero ospitare fino a 3.000 persone contemporaneamente, per un totale di 36.000 migranti all'anno. L'Italia si impegna a versare circa 670 milioni di euro per un periodo di cinque anni, rinnovabili automaticamente. Tuttavia, i risultati finora ottenuti non sono stati quelli sperati.

 

Le Critiche: I Timori delle ONG

Fin dal suo annuncio, l'accordo ha suscitato dubbi e preoccupazioni. Diverse organizzazioni non governative (ONG) hanno sollevato critiche in merito al trattenimento generalizzato dei migranti, alla detenzione automatica e alla gestione delle operazioni di ricerca e soccorso in mare. Le ONG temono che l'intesa possa prolungare i tempi di sbarco per coloro che vengono soccorsi in mare da navi italiane, trasferendo i migranti in Albania anziché nei porti più vicini all'Italia. Inoltre, la mancanza di chiarezza sui criteri di selezione dei migranti – come donne in gravidanza, bambini o persone vulnerabili – potrebbe comportare una detenzione indiscriminata, violando le normative italiane e internazionali.

Giorgia Meloni ha cercato di rassicurare i critici, affermando che l'accordo rispetterà appieno i diritti dei migranti secondo le leggi italiane e internazionali. Ha aggiunto che l'intesa potrebbe diventare un modello per altri Paesi, contribuendo così a contenere i flussi migratori. Tuttavia, i primi sviluppi hanno evidenziato delle difficoltà nell'attuazione di tale progetto.

 

Il Primo Sbarco a Shengjin e le Decisioni della Giustizia

Il 15 ottobre 2023 hanno avuto inizio gli sbarchi al porto albanese di Shengjin, con la nave Libra della Marina militare italiana che ha trasportato il primo gruppo di 16 migranti (10 bengalesi e 6 egiziani), destinati ai centri di accoglienza in Albania. Questi migranti sono stati identificati e sottoposti a un provvedimento di fermo, in attesa dell'esito della loro domanda di asilo. Tuttavia, il fermo doveva essere convalidato entro 48 ore dai giudici del Tribunale di Roma. Nel frattempo, i migranti sono stati sottoposti alla procedura accelerata di frontiera, che consente loro di fare richiesta di asilo, ma con alte probabilità di rigetto, considerando che provengono da Paesi considerati "sicuri". La procedura accelerata prevede che le pratiche vengano risolte in 28 giorni, con un rischio di compressione dei diritti fondamentali dei migranti trattenuti.

Il trasferimento di questi migranti in Albania, anziché nei porti più vicini, ha suscitato polemiche riguardo alla conformità dell'accordo con il diritto internazionale. Il Tribunale di Roma, sulla base di una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ha deciso di non convalidare il trattenimento di 12 migranti provenienti da Paesi considerati non sicuri. La Corte ha chiarito che un Paese può essere definito "sicuro" solo se lo è in tutto il suo territorio, e non per singole categorie di persone. I restanti 4 migranti sono stati rimandati in Italia, in quanto minorenni o con condizioni di salute particolari.

 

Le Reazioni Politiche a un Accordo Ancora Non Efficace

Questa decisione ha alimentato una forte discussione politica. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha dichiarato che l'accordo "viola la legge" e ha definito il progetto dei centri "un'infrazione dei diritti umani", sottolineando che 800 milioni di euro potrebbero essere stati spesi in modo più utile, ad esempio per la sanità. La destra, invece, ha accusato la magistratura di essere influenzata da interessi politici, ostacolando l'accordo. "Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza, impedendo il trattenimento di chi entra illegalmente", si legge in un post sui social del partito della premier Giorgia Meloni.

Ad oggi, non è possibile prevedere come evolverà questa vicenda, ma ciò che sembra certo è che l'accordo tra Italia e Albania non ha ancora prodotto i risultati sperati sul fronte del contenimento del flusso migratorio. Le difficoltà nell'attuazione della strategia e le critiche politiche e giuridiche sollevano dubbi sulla sua effettiva efficacia, nonostante l'ingente spesa di denaro pubblico.





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