Luca Attanasio (1977-2021) è stato un diplomatico italiano, ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo dal 5 settembre 2017 fino all’agguato presso il villaggio di Kibumba, vicino alla città di Goma, che ne causò la morte.
Un anno dopo tale avvenimento, l’università “Luigi Bocconi”, in cui si era fieramente laureato con lode nel 2001, ha deciso di ospitare un evento per la sua commemorazione, il quale ha raggiunto il cuore degli studenti ed è stato di un’ispirazione senza eguali, tanto che due associazioni studentesche, Res Ethica e BOSDIC (Bocconi Students for Diplomacy and International Cooperation), hanno deciso di riproporlo nuovamente.
Tre sono stati gli ospiti che ci hanno fatto l’onore di presenziare quest’anno: Salvatore Attanasio, padre di Luca Attanasio, Pierre Kabeza, rifugiato politico congolese, e Fabio Minazzi, membro dell’associazione “Amici di Luca Attanasio”.
Salvatore Attanasio - Una gabbia dorata
“Luca era convinto di andare in Bocconi già dall’ultimo anno di liceo. Era molto ostinato, tenace, difendeva le sue idee e noi non lo abbiamo mai ostacolato. Per il test d’ingresso si preparò come un matto”.
Così inizia il sig. Attanasio il racconto del ricordo che ha scelto di condividere. Descrive Luca non come un eroe o una figura da divinizzare, ma come un ragazzo normalissimo, una persona come tante, qualcuno in cui tutti gli studenti a cui sta parlando si possano identificare.
“Una volta laureato, aveva ricevuto molte proposte di lavoro che lo avrebbero economicamente gratificato molto di più rispetto alla carica che invece ha deciso di perseguire, ma dopo un po’ cominciò a sentirsi in una gabbia dorata”.
Il sig. Attanasio continua a narrarci del figlio per com’era: un essere umano che, come tutti, aveva i suoi sogni, come la maggior parte degli studenti di quest’università ha puntato ad una vita economicamente agiata, ma, come tanti, non era pienamente soddisfatto dal proprio percorso.
“Allora decise di lasciare tutto, di licenziarsi e ricominciare”
Qui il punto di svolta, ciò che rende Luca un modello a cui ispirarsi: nel 2002 si licenziò e tentò il concorso di diplomazia, il che non fu tutto rose e fiori, dal momento che riuscì a superarlo al secondo tentativo a causa del requisito di lingua francese, all’epoca lingua comunemente usata per la diplomazia. Lui però non si diede per vinto, studiò giorno e notte per un altro anno e da lì in poi la sua carriera fu brillante: a soli 33 anni era già console generale in Svizzera, poi fu inviato in Nigeria come viceambasciatore e infine divenne ambasciatore in Congo.
In tutti questi territori, il comportamento di Luca seguì una chiara filosofia: chi è nato nella parte fortunata del mondo ha l’obbligo morale di aiutare coloro che sono nati nella parte “sfortunata”.
L’aiuto che predicava era intriso di umiltà genuina, era un aiuto da pari a pari: discuteva circa le problematiche di questi Paesi con gli stessi abitanti del luogo e insieme a loro cercava soluzioni.
In Nigeria ideò un progetto per combattere lo sfruttamento della prostituzione, che sarebbe stato finanziato da fondi dell’UE, il quale però non andò in porto proprio per la sua convocazione in Congo, dove si occupò di istruzione e sanità.
Questo il ricordo di Salvatore Attanasio, toccante e riflessivo, che volge al termina con una frase che ha guidato l’intera vita di Luca, una frase che viene dedicata a tutti gli studenti del mondo chiamati ad agire, perché il futuro è oggi:
“Se dai un pesce ad un uomo lo sfamerai per un giorno, ma se gli insegni a pescare lo sfamerai per la vita”.
Pierre Kabeza - Mio fratello
Il sig. Kabeza, nel suo discorso, tocca temi di grandissima rilevanza, attuali e urgenti, tutte problematiche presenti nel suo Paese: parla prima di tutto della guerra, poi delle discriminazioni e del razzismo, infine dello sfruttamento minorile.
Così inizia:
“Ci troviamo in Congo, un Paese devastato da una guerra che dai media è presentata come civile, ma che è tutt’altro che civile”.
Subito chiarifica questo concetto con un’illuminante metafora: egli ritiene che questa guerra rispecchi un albero, le cui radici vengono tenute nascoste. Queste radici sono le multinazionali che portano le armi al tronco, formato dai Paesi vicini al Congo, i quali si organizzano in gruppi armati per poter arrivare alle materie prime. Il fine? Ottenerne un profitto economico, la linfa.
Il Congo, infatti, è un paese ricco di miniere di cobalto, metallo fondamentale per le batterie al litio presenti in sempre più dispositivi elettronici, soprattutto in vista della transizione ecologica verso fonti di energia rinnovabili.
Sul secondo aspetto, le discriminazioni razziali, il signor Kabeza riconosce diverse tipologie di popoli: quelli di serie A, B, C e D.
Nel suo paese gli europei, gli “uomini bianchi” dei paesi di serie A, sono sempre stati visti con diffidenza e paura, in quanto costituivano la figura del grande colonizzatore e dominatore.
Ma questa ideologia, intrinseca negli africani da generazioni, è stata messa in crisi da Luca, che da tutti veniva considerato un “fratello”.
Racconta di come parlava personalmente con tutti gli operai e dava loro soldi per i bambini che avevano bisogno di medicine o di libri per andare a scuola. Racconta di come condivideva la loro filosofia e trattava tutti con la dignità che meritavano e ancora, racconta di come la sua automobile personale fosse quasi diventata un’ambulanza di fortuna.
“Aveva capito che la sua umanità era inscindibilmente legata alla nostra, perché essere ambasciatore significa vivere con gli altri e per gli altri” aggiunge con tanto affetto negli occhi.
“Lo abbiamo visto vestito senza camicia e cravatta” dice il signor Kabeza meravigliato, non abituato a vedere gli europei come esseri umani, capaci di vestirsi anche di panni più umili.
“Gli ambasciatori dei paesi di serie A sono chiamati eccellenza da noi. Tanti non capiscono cosa significhi, ma Luca sì: ha capito che gli esseri umani, quando nascono, nascono per essere i migliori, il che significa andare sempre avanti per conquistare i grandi valori, cosa che lui ha fatto”.
Infine, il Pierre Kabeza si sofferma sugli “altri uomini bianchi”, i non-Luca dell’Europa; si rivolge a tutti loro, quasi come un appello, esortandoli ad essere come Luca:
“In Africa c’è un movimento generalizzato per cui i giovani scendono in strada con la foto di Putin, preso come modello perché delusi dal modo di fare europeo. Luca sembrava la risposta dell’Europa per gli africani, ma era un solo uomo. Se non ci saranno più ambasciatori come lui, l’Africa potrebbe non essere più un partener europeo in futuro”.
Infine, l’ultimo punto, il discorso sul lavoro minorile: la grande disponibilità di Cobalto presente sul territorio congolese ha portato tante famiglie a togliere i propri figli dalle scuole, per mandarli in miniere in cui non sono rispettati nemmeno i più basilari diritti umani.
Tanti enti benefici cercano di fare la differenza. “Still I rise NGO” è un’organizzazione nata su un’isola greca, che ha istituito varie scuole di emergenza, tra i vari posti, in Siria ed in Congo, dove bambini e ragazzi tra i 9 e 12 anni che avevano lasciato la scuola hanno la possibilità di studiare, in modo tale da essere reinseriti nel percorso scolastico pubblico.
Grazie alle tecnologie moderne, è stato mandato il video di un membro di tale associazione, le cui parole sono state estremamente toccanti:
“Per convincere i bambini a venire a scuola invece che andare a lavorare abbiamo dovuto dare pacchi alimentari di valore equivalente a quello che avrebbero guadagnato lavorando. Nonostante ciò, i bambini coinvolti nel lavoro minorile sono tra i 35-40mila, ma la scuola riesce ad ospitarne solo 60”.
In conseguenza di ciò la richiesta dell’associazione è chiara: l’impegno istituzionale, sia delle istituzioni europee, sia dei cittadini europei come consumatori, nel richiedere di specificare il tracciamento del cobalto, che attualmente non è non è prevista, rendendo impossibile stabilire se la filiera sia o meno pulita.
Fabio Minazzi, presidente dell’associazione amici di Luca Attanasio
Questa associazione vorrebbe cercare di migliorare il mondo attraverso la collaborazione, proprio come faceva Luca.
Vede nell’ex ambasciatore un punto di riferimento, un modello, sia per i suoi ideali che per il suo modo di agire.
L’associazione sta promuovendo la conoscenza della figura di Luca, per dare continuità al suo spirito ed alla sua filosofia.
Alessandro D'Avino e Carlotta Caromani
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