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Immagine del redattoreAntonio Di Casola

Et in pulverem reverteris


Uno spettro si aggira per l’Europa: è lo spettro del Co…ronavirus.

Giunto questi oramai anche in Olanda, da dove scrivo, non posso che osservare, non senza una certa apprensione, quanto di inquietante accade nel Vecchio Continente.

Supermercati assediati, igienizzanti esauriti, tensione e sguardi di odio profondo verso chi solo osa liberare le vie nasali concedendosi uno starnuto, soprattutto se italico o cinese untore.

Nessun contatto fisico concesso, nessuna stretta di mano, addirittura nessun "scambiatevi un segno di pace". Tutti ad almeno un metro di distanza: così recitano le direttive degli esperti. Nulla di nuovo, ove mi trovo – anzi, forse un sollievo. Un dramma, al contrario, per alcuni dei popoli più affettivi al mondo.

Ovunque, la mascherina accessorio imprescindibile, il disinfettante essenziale supporto vitale.

Tutti hanno paura. E cercano di placare questa paura con atti di incredibile follia.

Ma paura di cosa? Mi sono domandato. Cosa spinge la gente a fare tutto questo?

E la risposta mi è arrivata da un tempo lontano.


Nessun virus la causa del terrore. O, almeno, non la causa più profonda.

È sempre e solo lei. La solita fobia, vecchia quanto l'uomo. Prima era solo naturale istinto di sopravvivenza, oggi è vera e propria psicosi tanatofoba.

C'è chi, devotamente, la chiamava "sorella" e ringraziava Iddio per avercela donata. Chi,

romanticamente, diceva che, quando verrà, "avrà i tuoi occhi". Chi la rappresentava con una falce, poiché "mietitrice". Chi, forse saggio, forse ingenuo, sosteneva di non curarsene, poiché (parafrasando) "quando ci sono io, non c'è lei e quando c'è lei non ci sono io".

Tante riflessioni, tante interpretazioni, tante, infinite, rappresentazioni.

La paura della morte accompagna l'uomo da quando questi ha acquisito la consapevolezza di essere vivo. È la paura dell'ignoto, del non sapere quando avverrà, come avverrà, cosa eventualmente avverrà dopo. E’ lo sgomento che deriva dall’impossibilità del controllo su di un fenomeno.

Ma non solo. La morte è, ieri come oggi come domani, l'unica cosa che ci ricorda che siamo limitati. Che non possiamo avere mai tutto completamente sotto il nostro potere. Che siamo uomini, non divinità. E tutto questo ci terrorizza. Perché viviamo nell’epoca in cui crediamo di essere tutto, e invece siamo niente. Crediamo di essere indispensabili, e invece siamo oggi più che mai interscambiabili. Crediamo di essere speciali, originali, ma siamo maledettamente conformisti.


La paura della morte è anche, guardando l’altro lato della medaglia, la paura di non aver vissuto. Siamo spaventati di non essere riusciti a goderci la vita, di non aver realizzato tutti i nostri sogni, del non aver accumulato sufficienti ricchezze, materiali o immateriali. Quanto siamo boriosi, quanto ci crediamo importanti!

Un commento a ciò lo lascio ad Angelo Branduardi: “Vai cercando qua, vai cercando là, ma quando la morte ti coglierà, che ti resterà delle tue voglie? Vanità di vanità.”


Quando dunque svaligiamo i supermercati, quando ci "imbaccucchiamo" con maschere antigas neanche fossimo a Chernobyl, quando non abbiamo il coraggio di mettere un piede fuori di casa, non abbracciamo i nostri amici, non baciamo la persona amata, forse dovremmo solo ricordarci di una banale, piccola cosa: quando arriva, arriva.

Non ha bisogno di chiavi di casa, non bussa sempre prima di entrare, non necessita di essere accompagnata da qualcuno né ha preferenze su luogo, tempo e modalità. Non fa nemmeno distinzione di classi sociali, la nostra “livella”, come la definiva Totò. Non è razzista, sessita, omofoba, islamofoba, qualsiasicosofoba.

E, soprattutto, non è evitabile o manipolabile.

Alla fine, forse, l'unica soluzione potrebbe essere di accettarla essenzialmente per quello che è: uno straordinario ed inesorabile Mistero.

Ed assieme a lei, accettare anche la nostra limitatezza. Semplicemente perché, proprio come impietosamente ci sbatte in faccia l'inizio della Quaresima, volenti o nolenti, polvere siamo. Ed in polvere torneremo.


“Ascoltami: verso la morte sei spinto dal momento della nascita. Su questo e su pensieri del genere dobbiamo meditare, se vogliamo attendere serenamente quell'ultima ora che ci spaventa e ci rende inquiete tutte le altre.”

Seneca, Lettere a Lucilio, Libro I

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1 Comment


solsariol
Sep 17, 2022

Bella lucidità

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