LEARNING NETWORK – Una rete di possibilità
Da quando, domenica 23 febbraio 2020, il decreto-legge n.6 ha imposto la “sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria” più di otto milioni di studenti italiani si sono trovati nel giro di ventiquattr'ore a non poter più frequentare le lezioni della settimana imminente. Il successivo DPCM del 25 febbraio 2020 ha poi affermato che “le attività [didattiche o curriculari] possono essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime Università e Istituzioni”.
PANICO.
Moltissime scuole italiane, di fronte a tale richiesta, hanno fin da subito “storto il naso”, segnalando con ardore le loro difficoltà ad organizzare il cosiddetto remote learning: mancanza di una connessione veloce e di alto livello, professoresse e professori impreparati ad utilizzare la tecnologia, lezioni che non possono essere erogate solo virtualmente, impossibilità di seguire il lavoro degli studenti come si vorrebbe e dovrebbe.
Ma, una volta compresa la gravità e la complessità della situazione COVID-19, anche il mondo scolastico italiano ha dovuto optare per questo “salto nel buio”.
Docenti di qualsiasi ordine e grado sono stati costretti ad “armarsi” non solo di manuale e occhiali ma anche di un computer, una webcam, un microfono e una rete Wi-Fi.
E così anche i loro studenti.
Si sono scoperti Google Meet e Microsoft Teams per una vera e propria didattica a distanza in diretta, mentre su YouTube sono stati aperti canali per caricare videolezioni. Sono state individuate o messe a disposizione piattaforme informatiche per valutare ed esaminare i ragazzi, per caricare il materiale essenziale al proseguimento del programma e per effettuare l’appello come se si fosse fisicamente presenti in classe.
La sospensione dell’attività scolastica presso i propri istituti ha fortemente indotto alla scoperta, all’approccio, alla conoscenza di strumenti che, nella maggior parte dei casi, esistevano già, ma venivano totalmente ignorati. Ora come ora, dopo quasi due mesi dal primo decreto-legge, non appare più surreale frequentare la scuola dal computer, anzi pare forse strano il contrario. Ma allora la domanda che potrebbe sorgere spontanea è: “era necessario che arrivasse il Coronavirus per rendersi conto di poter sostenere una lezione a distanza?”
Difatti, se diversi studenti e studentesse hanno considerato inusuale frequentare la scuola o l’università in isolamento, senza la compagnia dei propri amici, per altri ragazzi e ragazze è stato il primo momento in cui si sono sentiti parte della classe, anche se virtuale. Essendo stata notevolmente rivalutata, la didattica a distanza ha consentito a chi era emarginato o escluso di godere di una maggiore e più sentita interazione con il docente e i propri compagni. Di chi stiamo parlando? Stiamo parlando di tutti quei bambini e ragazzi che purtroppo, a causa delle loro condizioni di salute, non godono dell’opportunità di frequentare regolarmentel'edificio scolastico. Ragazzi che, combattendo per lunghi periodi contro malattie, patologie o disturbi psicofisici, si vedono costretti a rimanere a casa, o, addirittura, in ospedale e rischiano così di abbandonare controvoglia la loro carriera scolastica. Tantissimi di questi studenti non hanno potuto usufruire delle lezioni a distanza.
Tuttavia, molti potrebbero obiettare che, prima dell’emergenza COVID-19, gli strumenti e le risorse utili al remote learning non sono state sfruttate perché costose e non sempre di facile utilizzo. Difatti, anche laddove dirigenti e professori avessero manifestato la chiara volontà, e poi concretamente preso l’iniziativa, di supportare didatticamente i ragazzi, in molte circostanze sono venuti a mancare i mezzi economici.
Di fronte a tutto ciò sorge spontanea un'altra domanda: “Dov’era lo Stato dinnanzi a queste necessità?”. Solo adesso infatti, in seguito al lockdown, sono stati finalmente messi in campo proprio quei mezzi economici necessari all’impiego di risorse, piattaforme e strumentazioni tecnologiche già esistenti ma mai prese in considerazione.
Eppure, è dal I° gennaio del 1948 che la Costituzione stessa, all’art. 34, sancisce un principio estremamente semplice: “La scuola è aperta a tutti.” Proprio così, la scuola è aperta e deve essere aperta, fisicamente e virtualmente. In altre parole, la scuola non si potrà più fermare all’edificio in sé, ma dovrà raggiungere anche e soprattutto coloro che, trovandosi ad affrontare gravi malattie, non sono nelle condizioni di muoversi da casa o dagli ospedali.
Tenendo bene a mente tutto ciò, sarebbe utile per il futuro della scuola italiana, una volta tornati alla quotidianità pre-COVID-19, non dimenticare gli spunti positivi e il ventaglio di alternative che questi mesi di isolamento hanno offerto. Forse infatti, l’impiego di servizi e piattaforme virtuali, rimasti per troppo tempo inutilizzati, non dovranno necessariamente essere abbandonati.
La didattica a distanza ha certamente rappresentato e probabilmente continuerà a rappresentare una sfida per ministeri, istituti, presidi e rettori, docenti e studenti. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, in futuro, potendo permetterne l’accesso a tutti gli studenti italiani, essa si rivelerà uno strumento di inclusione cruciale per chi non ha la possibilità di recarsi fisicamente in classe.
Sara Crimella
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