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Mom, I am a rich man

L’essere Donna termina laddove inizia la paura.


Paura degli stereotipi infondati e dei tabù radicati nella nostra società che portano le nuove generazioni a vivere inneggiando a convinzioni e mentalità retrograde.

Paura di essere sessualizzate mentre intente a svolgere anche le più semplici attività quotidiane o per il proprio modo di vestirsi.

Paura di non rientrare nei canoni di bellezza imposti o di “non essere abbastanza femminile” per atteggiamenti considerati poco attraenti e consoni per il proprio genere, percepiti con riluttanza e ribrezzo se assunti dal mondo femminile, elogiati, al contrario, se protagonista della vicenda è l’altro sesso.

Paura di non vedersi attribuiti i propri meriti e il proprio prestigio lavorativo, conseguenza di duro lavoro, passione e costanza e non di una “scappatella” con il capo di una grande azienda.

Paura del “Glass Ceiling”, radicata discriminazione che impedisce l’avanzamento di carriera delle donne e che le sottopone al “gender pay gap”.

Paura della disoccupazione, non dovuta all'incompetenza professionale ma al bivio ‘madre-donna in carriera’ da affrontare quando, durante svariati colloqui, i datori di lavoro cercheranno di soverchiare la legge, con domande quali “Ha in mente di costruire una famiglia in un futuro non lontano?”; assurdo che l’assunzione o no dipenda proprio dalla risposta a quella domanda.

Paura di tornare a casa da sole la sera, indifferentemente dal mezzo che si utilizza, a piedi, in metro, in taxi, e di venire accusate di essere la causa della propria aggressione, fisica o verbale che sia, perché “vestita così te la sei cercata”.

Paura di sentirsi impotenti, ANZI di essere costrette all'impotenza davanti a commenti squallidi, sguardi languidi, inviti indecenti, fischi o suonate di clacson fatti passare per complimenti e apprezzamenti, perché “la gente è malata e non sai come può reagire”.

Paura di essere valutate come persone solo in base al proprio aspetto estetico e non in base al proprio bagaglio intellettuale e culturale.

Paura di essere considerate dipendenti, economicamente e non, dal proprio partner o di essere approfittatrici sociali.

Paura di non assistere al rispetto delle proprie idee e volontà.

Paura delle altre Donne, inconcepibilmente nemiche le une con le altre, nonostante sia necessaria collaborazione e solidarietà tra di loro per risolvere i problemi che le affliggono. Paura di essere categorizzate come ‘estremiste’ perché intente a spiegare il fastidio provocato da una “semplice battuta”: questioni ripetute più e più volte e non ancora recepite dal sistema.

Paura addirittura delle femministe estremiste che hanno portato alla deriva il vero significato del Femminismo, non incentrato a combattere e sminuire il genere maschile, come nel caso della misandria, ma semplicemente a vedersi riconosciuti gli stessi diritti e le stesse possibilità. Paura di non assistere al cambiamento che le nostre future figlie e futuri figli si meritano. Chi racconterà loro di tutte quelle volte nelle quali le loro madri, per sentirsi più sicure, hanno fatto da controfigura a Johnny Depp infilandosi le chiavi di casa tra le dita della mano trasformandosi, al ritorno da una serata, in Edward Mani di Forbice; o delle volte in cui sono state costrette a cambiare strada per non passare dinanzi a bar pullulanti di uomini di tutte le età intenti a scrutarle da capo a piedi, ancor di più durante le afose giornate estive nelle quali un vestitino o degli shorts sembrano l’opzione migliore per evitare i soliti jeans.

Vergogna e imbarazzo causati da sguardi indesiderati e lussuriosi. Ma soprattutto chi glielo spiega che quegli uomini potrebbero avere l’età del proprio padre o che, addirittura, potrebbero avere delle figlie o nipoti della stessa età.

Quale donna è davvero pronta a dover rivivere tutti i propri traumi attraverso le proprie figlie, a doverle far convivere con un mondo pieno di insidie che loro per prime hanno subito.


Nonostante la parità di genere scritta sui nostri codici e manuali, la donna continua ad essere incasellata nel “colore rosa”, schiava del “non puoi… perché sei donna”.

Per quanto siano innumerevoli le preoccupazioni che una donna ha oggigiorno, la verità è che la società ha più paura delle donne di quanto le donne ne abbiano della società. Esse sono state in grado di dimostrare grandi capacità e competenze sotto ogni punto di vista, malgrado le avversità e i pregiudizi, ma ciononostante la situazione va a rilento: per gli uomini è stabile, per le donne è a un punto morto, confinate nel loro implicito stato di subordinazione.


È difficile accettare che una donna possa ambire ad una propria indipendenza economica, possa essere il capo di sé stessa o che non voglia sposarsi o avere figli. Altrettanto difficile è concepire una donna che sappia difendersi da sola, che sappia guidare, una donna che si intenda di economia e politica, che abbia una propria voce in grado, non solo di influenzare, ma anche di prendere parte all'opinione pubblica, che creda nell'emancipazione, una donna che non accetta che la propria opinione sia sminuita e ritenuta di poco valore; talvolta però, è come se tutti i traguardi raggiunti siano solo una concessione illusoria della società.

Insomma, difficile immaginare una donna senza un uomo, una zitella.





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