Perfer et obdura! Dolor hic tibi proderit olim:
saepe tulit lassis sucus amarus opem
Ovidio, Amores
Sopporta e resisti! Un giorno questo dolore ti sarà utile: spesso una medicina amara porta giovamento al malato, così scriveva Ovidio nella sua opera Amores.
Frase che Ovidio voleva riferire alle pene d’amore e alla consapevolezza che queste possono portare, ma che è stata manipolata e distorta in vari modi, entrando a pieno diritto tra i top 10 aforismi latini mainstream, da tatuarsi sulle clavicole e da pubblicare online in qualche post acchiappa like.
Se quindi il contesto originario era un contesto d’amore, questa frase si è sparsa a macchia d’olio, nel tempo e nello spazio, fino ad arrivare a descrivere icasticamente determinati aspetti (meglio, aspettative) della società del XXI secolo. La società che è quella del sacrificio, del successo, dell’obiettivo che non tiene conto del percorso, dell’arrivare costi quel che costi, possibilmente prima e meglio degli altri, nella promessa che il traguardo ci ripagherà in pieno di tutte le buche in cui siamo caduti lungo la strada.
Impossibile non notare la somiglianza con l’ideologia del finalismo cristiano, buona a tenere a bada chi in questa vita soffre e non è felice del proprio presente: oggi soffri, ma non ti preoccupare, domani verrai ripagato di questo dolore. Una mentalità malata, che porta all’immobilismo e alla passività. Perché sprecare questa vita, nella speranza (nemmeno certezza) che la prossima sia nelle mani di Dio? Meglio essere consapevoli della propria sofferenza e cercare di cambiare, per quanto possibile, le cose, invece di posticipare il tutto al futuro, perché il futuro altro non può essere che uguale al presente se questo è uguale al passato.
Altrettanto impossibile non notare la manipolazione che la società del capitalismo ha fatto di questa frase così innocua, fino a renderla uno slogan del mondo di oggi: soffri e resisti, il successo che otterrai ti ripagherà di tutto. Il capitalismo punta ad annullare l’individuo nel suo lavoro, nella corsa al successo e all’efficienza: da studenti, ci dedichiamo ad attività che non ci interessano solo perché “fanno curriculum” (quante volte ho, in passato, detto e sentito questa frase…), mentre trascuriamo i nostri interessi e passioni se esse non ci rendono più appetibili ad un futuro, potenziale recruiter.
Tutto questo perché “dolor hic tibi proderit olim”: il problema è che olim non arriva mai.
Non arriva mai perché per ogni traguardo raggiunto non ci è dato fermarci, subito dobbiamo guardare al successivo, subito dobbiamo nutrire questa bestia che ci chiede di più, di meglio, dell’altro. E così, i nostri successi si sciolgono, inghiottiti da un passato a cui non possiamo più volgere lo sguardo, per non distogliere gli occhi dalle buche in cui inciamperemo nel tragitto verso il prossimo, ennesimo, traguardo.
Il perfer et obdura è scritto in caratteri macroscopici sulla scalinata del mio liceo classico di Alessandria, tutte le mattine lo leggevo e a questa frase, fino a che la pandemia non mi ha costretto a fermare la mia corsa affannosa, ho ispirato la mia vita liceale ed universitaria, nella speranza che ad un dolor di rinunce e fatiche sarebbe seguito un olim di successi. E per carità, nel mio piccolo, non posso dire che soddisfazioni e successi non siano arrivati, ed è anzi proprio grazie a questi che mi sono accorto che olim… non arriva mai.
Questo l’ho capito anche grazie ad aver raggiunto l’obiettivo che rincorrevo fin da quando ho iniziato questa università, cioè vincere il Premio all’eccellenza che il nostro ateneo riconosce ai due migliori studenti al quarto anno della scuola di giurisprudenza: credo di non essere mai stato più felice e fiero di me.
Ma poi, cosa resta? Niente: come mai mi sono sentito più felice, mai mi sono sentito, trascorsi un paio di mesi, più svuotato, nella realizzazione che tutto questo era passato e che la vita mi poneva altre sfide, altri obiettivi che anch’essi niente mi avrebbero lasciato.
È lì che mi sono guardato indietro e ho capito che il perfer et obdura è la frase più sbagliata in cui credere, perché la vita è oggi, non è in un olim sempre irraggiungibile, che sfuma tra le mani.
Restiamo umani. Il consiglio che vorrei dare a chi si ritrova in queste parole è non dimenticarti di restare umano, non soffocare i tuoi bisogni: se sei stanco, alzati dalla scrivania e vai a dormire; se sei triste, non fare finta di niente per non avere distrazioni dallo studio; se sei stufo, prenditi una pausa, fai una passeggiata, esci con amici. Ascolta te stesso e i tuoi bisogni e mettiti al primo posto, perché la medicina amara che assumi oggi, la dovrai assumere anche domani e dopodomani ancora se resti nella mentalità del dolor hic tibi proderit olim.
Con questo non voglio dire di non fare sacrifici, ma il consiglio che ti do è ascolta te stesso, perché, per la mia esperienza, nessun olim ti darà indietro dolor hic. Quindi, se proprio vuoi farti un tatuaggio sulla clavicola, scrivi carpe diem: perché se la felicità non sta nel traguardo, forse va cercata nel percorso.
Giovanni Marenco
Grazie ❤️