Politica-Diritti: 1-0, palla al centro
- resethica
- 9 nov 2021
- Tempo di lettura: 6 min
‘’Ci dicevano che eravamo cani che non meritavano di vivere’’
È questa una delle frasi con cui si conclude l’articolo “DDL ZAN: rivendicazione della libertà” del 16 novembre 2020 del nostro collega Davide Cocco . Ed è proprio da questa frase che vorrei partire. Partire, per dove? Per una meta precisa, un luogo paradisiaco, che si potrebbe identificare nel nostro Paese… Sto parlando proprio dell’Italia, Paese che – forse più di ogni altro al mondo – è connotato da straordinarie bellezze artistiche e culturali. Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica perché, al di là delle sue bellezze singolari, si celano in esso problematiche tali da rendere lo stesso Paese tutt’altro che paradisiaco, quanto meno per alcune categorie di persone. La politica italiana moderna, molto distante dal concetto di Politeia enunciato nella Politica di Aristotele, è esattamente ciò che intorpidisce l’idea di Italia nelle menti di tantissime persone.
Il DDL Zan, disegno di legge promosso dall’omonimo parlamentare ed attivista LGBT padovano Alessandro Zan, ambiva a proteggere tutti coloro che non si sentono rappresentati dai 2/3 della classe politica italiana. Ma cos’è il DDL Zan? Come già riassunto nell’articolo di Davide, è un disegno di legge dal titolo “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Nelle dieci pagine della proposta di legge, il deputato Zan apportava modifiche a diversi articoli del Codice penale, oltre ad estendere l’applicazione di numerosi decreti-legge. Ricordiamo, ad esempio, gli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale, l’articolo 90-quater del Codice di procedura penale, i decreti-legge del 26 aprile 1993 n.122 e del 9 luglio 2003 n. 215. Inoltre, l’articolo 7 dell’ipotesi di legge Zan prevedeva il riconoscimento della data del 17 maggio come “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”.
Ciò che ad alcuni non è chiaro è il motivo dell’istituzione di tale Giornata nazionale. Se in Italia si è dovuto attendere un decreto-legge del 2021 affinché venisse riconosciuta una giornata nazionale contro l’omofobia, evidentemente fenomeni di discriminazione erano, e sono ancora, considerati come quasi una normalità. Come testimoniano le parole, tutt’altro che progressiste, della politica Giorgia Meloni: “Non possiamo dire che, nella realtà italiana di oggi, gli omosessuali vengano discriminati: abbiamo fatto passi da gigante’’. Ebbene, in tali affermazioni si identificano altre figure del Centro-Destra come il politico Matteo Salvini, che non vede alcuna necessità di riformare le norme del Codice penale, in quanto numerose leggi antidiscriminatorie esisterebbero già. Tuttavia, Salvini è lo stesso, nonché l’unico, ad aver accolto a braccia aperte a Pistoia il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, lo stesso che affermò nel giugno 2011: “Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò ipocrita: preferisco che mio figlio muoia in un incidente piuttosto che si presenti con un altro uomo. Per me sarebbe come se fosse morto, in ogni caso.” E se è vero che similia simillibus, non ci dovremmo di certo sconcertare se lo stesso Salvini commenterà a proposito dell’affossamento del Ddl: “Chiedere scusa per l’esultanza in Senato? Anche tanti gay ed esponenti della comunità Lgbt hanno esultato”.
Sì, esatto, il Ddl è stato affossato ed il motivo va forse ricercato nelle idee politiche di figure quali Matteo Salvini o Simone Pillon, entrambi leghisti, che si sono battuti a spada tratta contro il riconoscimento dei diritti dei più deboli, sostenendo, dal loro punto di vista, che questi sono “già tutelati dal Codice penale italiano”. Secondo il senatore Pillon, il Ddl Zan sarebbe addirittura “liberticida”, dal momento che annullerebbe ogni tipo di identità di genere biologica e, di conseguenza, è una proposta di legge da abbattere alle radici.
Insomma, secondo alcuni nostri politici la discriminazione di genere, nonché quella mossa da un diverso stato psico-fisico o credo religioso/cultura di una persona, sarebbe un fenomeno tanto ristretto da potersi considerare quasi nullo. Se leggi a tutela dei più fragili esistono già, da dove nascerebbe la necessità di appesantire ulteriormente il nostro Codice con articoli ridondanti? Difficile biasimare chi la pensa così, a patto che la premessa di tale sillogismo sia vera. Eppure, il fenomeno in questione non sembra così lontano da noi: un articolo comparso su “Il Fatto Quotidiano” il 17 maggio 2020 riporta che: “Nell’ultimo anno il dato sulle violenze e gli abusi è aumentato del 9%”, per un ammontare di 134 casi di discriminazioni contro membri della comunità LGBTI nel 2020. Un precedente articolo apparso il 16 maggio 2019 su “La Repubblica” evidenzierebbe una crescita del 30% dei reati di omofobia nel 2019, con un totale di 187 “omosessuali picchiati, ricattati, derisi, insultati, discriminati nel mondo del lavoro e nella burocrazia, a casa e in classe”. Il riconoscimento ufficiale della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, rappresenterebbe quindi l’inizio di un vento di cambiamento proveniente dall’alto contro reati di tale genere, reati peraltro molto diffusi, al contrario di come erroneamente alcuni politici italiani pensano.
Presa coscienza della pervasività dell’omofobia, è lecito chiedersi dove sia nata l’idea di una Giornata nazionale in merito. L’idea è da attribuire a Louis-Georges Tin, realizzatore del Dictionnaire de l'homophobie, ed è stata accolta a braccia aperte da ben 130 Paesi, che, ogni anno, celebrano regolarmente tale occasione. La data del 17 maggio non è per niente casuale, ma rappresenta un traguardo per la storia della comunità Lgbt: il 17 maggio 1990, infatti, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), rimosse l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie.
Ciononostante, ancora oggi alcuni credono che amare una persona dello stesso sesso e tutte le sue declinazioni affettive siano da considerare una malattia o qualcosa di cui vergognarsi. Per amare una persona serve una profonda conoscenza di se stessi, in primo luogo, e poi dell’Altro. Amare, un sentimento così genuino che, infelicemente, incontra l’opposizione di coloro che forse non sono capaci di amare fino in fondo. L’odio, sentimento opposto e complementare all’amore, ha prevalso in Italia anche il 27 ottobre 2021, data in cui il Ddl Zan è stato “affossato” alla tagliola del Senato, con 154 voti a favore del blocco, 131 contrari e 2 astenuti. L’apoteosi dell’odio si è raggiunta quando gran parte dei senatori, probiviri per definizione, si sono lasciati andare ad un applauso concitato, forse più chiassoso degli hooligans allo stadio. Ciò che sconcerta, però, non sono solo i sorrisi dei parlamentari di destra, che si sono opposti tout court al Ddl mettendoci pur sempre la faccia. Purtroppo, l’applauso è arrivato anche da coloro da cui nessuno si aspettava un “cambio di casacca” ex abrupto: gli “infedeli”, ovvero gli stessi che fino a qualche giorno prima si battevano per i diritti umani come causa efficiente della loro politica, sarebbero i senatori Renziani di Italia Viva. Lo stesso Zan insiste che le responsabilità della bocciatura del decreto sono chiare, “Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il Ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà”.
La delusione per l’affossamento per il Ddl è stata accolta da vari personaggi rilevanti dal punto di vista politico e mediatico, e non solo. Migliaia di persone si sono ritrovate nelle piazze italiane per manifestare il proprio dissenso verso il blocco del Ddl, che non è altro che “una legge per dare diritti in più, per aggiungere, non per togliere, per tutelare la diversità e l'inclusione”, come afferma Luciana Littizzetto. Uno dei più grandi cortei in piazza è stato quello presso l’Arco della Pace a Milano, dove tantissime persone si sono riunite il 28 ottobre per lanciare un urlo di protesta contro la tagliola del 27 ottobre. Come ribadisce la stessa comica torinese, “L’unica cosa che mi consola è che intanto la società è più avanti di voi. Quei diritti sono nella testa della maggioranza delle persone”. Il buonsenso di buona parte della popolazione fa auspicare che questi diritti vengano riconosciuti in futuro, nonostante l’attuale classe politica sia stata incapace di rappresentare un sentimento democratico diffuso.
“… Quanto è difficile il pensiero che per un giorno di lavoro c’è chi ha ancora più diritti di chi ha creduto nel Paese del futuro…” (Non è L’Inferno, Emma Marrone)
Italia: tutt’altro che un paradiso. Coloro che hanno sperato con tutto il cuore in un riconoscimento dei propri diritti si sono ritrovati davanti allo sbarramento del Senato che ha interrotto la prosecuzione dell’iter legislativo. Eppure, Italia “Non è L’Inferno”, perché quelle migliaia di italiani riunitesi all’Arco della Pace a Milano, a Palazzo d’Accursio a Bologna, in piazza Carignano a Torino, così come in molte altre città italiane, fanno comprendere che il vento del cambiamento sta già soffiando. Pertanto, vale la pena continuare a sperare in un rinnovamento della classe politica italiana, unendosi all’eco lanciato dalla Littizzetto durante l’ultima puntata di Che Tempo che Fa:
“Carissimi, fate con comodo: noi vi aspettiamo qua”.
Davide Santangelo
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