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The Biden Plan: la pandemia alla stregua di una guerra?

Nel tempo, provvedimenti straordinari attuati in momenti di crisi si sono spesso trasformati in pratica comune e, dato il carattere delle misure messe in atto in molte nazioni per affrontare la pandemia da Covid-19, molti sono timorosi delle ripercussioni che queste potrebbero avere in futuro.


Per fare qualche esempio, l’elargizione di fondi federali al sistema educativo statunitense ebbe origine con il “Elementary and Secondary School Education Act” del 1965 pensata come misura temporanea facente parte della “War on Poverty” di Lyndon Johnson, una serie di provvedimenti introdotti negli anni 60 per combattere le profonde disuguaglianze presenti negli Stati Uniti attraverso un allargamento del welfare state. Eppure, oggi viene dato quasi per scontato che lo stato dia la possibilità ad ogni bambino di ricevere un’educazione senza costi aggiuntivi per i genitori, e il mantenimento dei programmi educativi nati con l’atto del ’65 è visto tuttora come una delle principali responsabilità dello stato.

In molte economie avanzate, nel corso degli anni ’20, la tassa sul reddito venne introdotta o estesa a larga parte della popolazione per la prima volta come una misura temporanea che avrebbe permesso ai governi di ripagare i debiti accumulati durante la Prima guerra mondiale. Tuttavia, la tassa non venne mai abbandonata, ed è oggi il metodo di raccolta fondi principale dello stato in molte parti del mondo.

Ancora, le azioni senza precedenti prese da molti governi in risposta alla crisi finanziaria del 2007 e 2008 ridefinirono permanentemente, agli occhi di molti, il ruolo dello stato, da arbitro del libero mercato a guardiano della sua stabilità e prosperità.


In confronto, le misure messe in atto da molti governi per combattere la pandemia sono assai più radicali, sia in ambito economico e fiscale, sia in ambito politico e sociale.

È quindi lecito ipotizzare che, anche in questo caso, le misure adottate oggi avranno un impatto sul rapporto tra lo stato e i suoi cittadini ben più duraturo delle circostanze che le hanno motivate.

Considerato tutto ciò, gli utilizzi negli ultimi mesi da parte dell’amministrazione Biden di poteri di guerra, in particolare il Defense Production Act, per combattere un’emergenza sanitaria in tempo di pace, possono ritenersi giustificati oppure costituiscono un precedente troppo pericoloso?


Per poter valutare la legittimità dell’uso del DPA da parte dell’amministrazione Biden nel giusto contesto, è prima necessario riassumere brevemente che cosa sia e come sia stato impiegato.

Il DPA venne approvato allo scoppio della guerra di Corea, come una proroga di alcuni poteri di guerra concessi alla presidenza durante la Seconda guerra mondiale, aventi l’obiettivo di trasferire nelle mani dello stato un controllo maggiore sulla produzione di beni strategici, in particolare militari. Questi poteri permettono al governo federale di imporre singole direttive a un’impresa oppure anche di prendere temporaneamente il completo controllo delle sue operazioni. Viene indicato nell’atto che queste misure andrebbero implementate solo quando sono indispensabili per la difesa della sicurezza nazionale. Nel corso degli anni, l’atto continuò ad essere rinnovato fino ad oggi.

I due ambiti più importanti in cui è stato invocato l’Atto sono la produzione domestica di vaccini e di kit per tamponi “fai da te”.

Nel primo caso, il coinvolgimento del governo ha riguardato in modo particolare l’azienda farmaceutica Pfizer, che ha ricevuto grande attenzione nella “strategia nazionale per combattere la pandemia” annunciata da Biden durante il suo primo giorno al potere. Avvalendosi del DPA, Biden ha quindi imposto ai fornitori di Pfizer di adempire gli ordini effettuati dall’azienda con priorità assoluta, ha inviato direttive alla società farmaceutica indicando come espandere la loro capacità di produzione e ha messo a disposizione i fondi federali necessari per eseguirle. Infine, ha trasferito il controllo del processo di distribuzione del vaccino Pfizer nelle mani dello stato.


Guardando solamente ai numeri, l’uso di misure belliche parrebbe più che giustificato.

Le vittime del Covid-19 negli Stati Uniti hanno superato quelle della guerra del Vietnam, la guerra di Corea e la Seconda guerra mondiale sommate tra loro. Nonostante il numero di decessi giornaliero sia diminuito rapidamente grazie all’imponente campagna vaccinale, è probabile che prima della fine della pandemia sarà possibile includere anche le perdite subite durante la Prima guerra mondiale.


Anche da un punto di vista legale, l’impiego del DPA sembra essere valido. Infatti, l’atto è volutamente vago quando descrive le istanze in cui può essere invocato, indicando che il presidente dovrebbe usufruirne per “far fronte alle esigenze poste della difesa nazionale”. Tanto è vero che il DPA è già stato utilizzato al di fuori di un contesto militare in occasione di alcuni disastri naturali, come quando “Hurricane Maria” colpì Puerto Rico nel 2017, per accelerare il trasporto di provviste e soccorsi alle aree colpite.

Tuttavia, era sempre stata una regola non scritta che i provvedimenti più significativi dell’atto, ossia quelli riguardanti l’allocazione di risorse di privati e la capacità produttiva di industrie domestiche, fossero riservati a situazioni militari di una certa gravità. Basti pensare che proprio perché non considerati necessari, anche nel corso delle Guerre del Golfo, questi vennero utilizzati in modo molto limitato.


Un altro caso interessante in cui Biden ha adoperato il DPA è quello della produzione di guanti in nitrile, usati per una vasta gamma di operazioni mediche tra cui la somministrazione di tamponi e vaccini anti Covid-19. Il 5 febbraio, durante una serie di annunci riguardanti la “strategia nazionale”, Tim Manning, coordinatore della fornitura del team di risposta Covid-19, aveva dichiarato che la provvista statunitense di guanti in nitrile dipendesse interamente da produttori esteri e che la Casa Bianca avrebbe utilizzato il DPA per rendere gli Stati Uniti completamente autosufficienti in questa industria entro la fine dell’anno. Il caso è particolarmente interessante perché la scorta di guanti in nitrile non è mai stata in pericolo di esaurimento nel corso della pandemia, ma l’amministrazione Biden ha comunque valutato che l’uso straordinario del DPA fosse giustificato.

Negli Stati Uniti, al di fuori dell’ambito bellico, una distorsione su questa scala del libero mercato per motivi strategici, anziché politici o economici, è sicuramente una novità, ed è anche probabile che a seguito della pandemia diventerà una pratica molto più comune, in parte grazie anche a questo utilizzo del DPA. Che questo sia uno sviluppo positivo o meno è ancora una questione aperta.

È anche importante notare che, a causa di rapporti internazionali sempre più tesi e catene di produzione sempre più globalizzate, erano diversi anni che molte voci a Washington chiedevano misure di questo genere. Sembra quindi che la pressione determinata dalla pandemia abbia solo accelerato questo sviluppo.


Parrebbe quindi che, seppur problematico, in questo caso l’uso del DPA sia difficilmente contestabile.

Eppure alcune preoccupazioni sono giustificate: se i poteri di guerra possono essere invocati per affrontare una pandemia, perché non per combattere il cambiamento climatico? Se possono essere usati per promuovere una transizione energetica, perché non per abbassare un tasso di debito pubblico o di disoccupazione troppo elevato?

I pericoli posti da questa linea di pensiero sono più che evidenti.


Orlando Bates

 
 
 

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