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Tra diritto e dovere di voto

Siamo reduci da pochi giorni dalle elezioni amministrative tenutesi in numerosissime città d’Italia, tra cui la capitale Roma. Se in alcune zone si festeggia a gran voce per aver ottenuto una vittoria al primo turno, evitando così il ballottaggio (ad esempio Milano), in altre il destino si rivela essere ancora incerto.

Ma siamo davvero sicuri che il problema, se così si può definire, sia non essere riusciti ad aggiudicarsi subito la poltrona?

Un aspetto tanto pericoloso quanto sottovalutato è la tendenza crescente tra la popolazione di non recarsi alle urne. Infatti, come si può notare da numerosi grafici e dati, in particolar modo quelli riportati sul sito del Corriere della Sera, nell’ultimo decennio si è registrato un abbassamento di affluenza dal 74,43% al 54,6% di quest’anno, con un divario di quasi venti punti percentuali. Siamo dinanzi al peggior risultato degli ultimi anni.


Quali possono essere le cause di questa tendenza?

In primo luogo, si potrebbe ipotizzare una semplice mancanza di volontà da parte dell’elettorato, probabilmente causato da una graduale perdita di fiducia nella politica e nei suoi organi.

Inoltre, bisognerebbe tener conto delle materiali difficoltà che precludono l’esercizio del diritto di voto, ancor più rilevanti in questo interminabile periodo pandemico.

In che modo si possono quindi risolvere questi problemi, al fine di permettere l’adempimento da parte di ciascun cittadino di un proprio dovere morale? L'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado della disciplina “Educazione civica”, meglio nota come “cittadinanza e costituzione”, può essere un ottimo strumento per aumentare la sensibilità, la coscienza e la conoscenza di coloro che saranno chiamati in futuro a compiere delle scelte fondamentali per la collettività.

Infine, si potrebbero adottare nuovi dispositivi e apparecchiature di e-voting, come nel caso del referendum della Lombardia autonoma nel 2017, sebbene questo sia ancora difficile considerato il grado di arretratezza nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e le potenziali problematiche anche giuridiche di un voto elettronico, oltre che i differenti gradi di sviluppo tecnologico che percorrono la nostra penisola.


Ciononostante, quello che rimane certo è la necessità di porre una battuta d’arresto a questa situazione, in quanto, in un futuro più o meno lontano, si potrebbe arrivare ad un momento in cui non sarà più la maggioranza dei cittadini votanti a decidere, ma saranno pochi ed istruiti elettori a scegliere le personalità rappresentative dell’intera collettività.

Questa distopica situazione rappresenterebbe, almeno da un punto di vista politico, un enorme passo indietro, un ritorno all’età liberale, età in cui i membri dell’organo rappresentativo erano eletti su base censitaria; così svuotando di valore non solo l’art.1, comma 2 Cost. il quale cita “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla legge”, ma anche l’art.48 comma 2 che sancisce “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.


Dovremmo comprendere che si tratta di un dovere cui adempiere in maniera coscienziosa e non trattarlo come un qualcosa di assodato e scontato, soprattutto considerando la situazione di svantaggio di numerosi Stati in cui questo privilegio è tutt’oggi negato. Non dimentichiamo che molti nei nostri antenati hanno dato la propria vita per concederci il privilegio di esercitare questo diritto.


Alessandro Stampa

 
 
 

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